Che si tratti di una persona che tenta di scusarsi con il suo partner per aver avuto un comportamento inadeguado o di una multinazionale che si scusa per aver causato inquinamento ambientale, certo è che il meccanismo alla base è sempre lo stesso. Ad ogni modo, la Psicologia è curiosa a questo proposito e cerca di determinare quale sia la forma più efficace per presentare le proprie scuse.
I ricercatori Ryan Fehr e Michele Gelfand, dell’Università del Maryland, hanno tentato di esplorare approfonditamente gli aspetti psicologici che si nascondono dietro al meccanismo delle scuse. In questo modo hanno scoperto che esistono principalmente tre diversi tipi di forme per chiedere scusa, e che il loro impatto varia molto dipendendo dal carattere della vittima.
Le tre forme più comuni per scusarsi sarebbero:
– Compensazione: quella in cui le persone antepongono al loro comportamento errato un modo per rimediare allo stesso, per esmpio: “mi dispiace di averti rotto la finestra, pagherò la riparazione”.
– Empatica: quella dove la persona che ha commesso l’errore si mette al posto dell’altro facendogli intendere che comprende quello che prova, per esempio: “mi dispiace molto di averti ferito con ciò che ho detto, capisco che da ora in poi ti sarà difficile confidare in me”.
– Riconoscimento di avere violato le norme: in questo caso le persone riconoscono semplicemente che hanno violato determinate norme (implicite o esplicite), come per esempio: “ho rotto il giuramento ippocratico di non arrecare danni”.
I ricercatori considerano che l’efficacia delle diverse forme per scusarsi dipende da come la persona che ha subito il danno considera se stessa. Per provare questa ipotesi i ricercatori hanno valutato il concetto di se che hanno 175 diversi studenti e in seguito hanno chiesto loro di valutare le diverse forme per chiedere scusa.
Uno studio seguente ha valutato la considerazione personale di altri 171 studenti in più e la loro capacità di perdonare in una situazione fittizia nella quale venivano offerte diverse forme di scuse rispetto alla caduta accidentale e alla rottura di un computer portatile.
A partire da questi due esperimenti i ricercatori hanno scoperto che le persone che preferivano le scuse compensatorie tendevano ad essere più individualiste; d’altra parte, quelli che consideravano più efficaci le scuse di tipo empatico, tendevano a considerare se stessi nello stesso modo come venivano considerati dagli altri, mentre quegli studenti che consideravano efficaci le scuse nelle quali si riconosceva di aver violato le norme, tendevano a valutare se stessi come un ingranaggio che fa parte della collettività, mettendo gli interessi del gruppo al di sopra dei propri.
In questo modo, il messaggio che lasciano i ricercatori è che, ben oltre a ciò che può preferire ogni persona in merito alla forma per scusarsi, se le scuse vogliono essere efficaci, è necessario considerare le caratteristiche peculiari delle persone danneggiate.
Naturalmente, dal momento che no è sempre possibile conoscere nel dettaglio il carattere della vittima, i ricercatori anticipano che le scuse dettagliate dove si comprende tanto il piano emotivo quanto l’idea della compensazione, sono generalmente quelle più efficaci.
Tuttavia, Fehr e Gelfand, riconoscono che il loro lavoro ha dei limiti dal momento che lo scenario utilizzato era fittizio, e in futuro si propongono di rifare l’esperimento in un contesto reale. Personalmente considero che oltre alla teoria e alle relazioni che esistono tra la concezione del se e la forma di scusarsi, ciò che è davvero importante è riconoscere che commettiamo un errore e che siamo sinceramente pentiti dello stesso, cercando di fare in modo di far percpeire il nostro malessere alla persona danneggiata e cercando una via risolutoria che sia ideale per entrambi.
Fonti:
Fehr, R. & Gelfand, M. (2010) When apologies work: How matching apology components to victims’ self-construals facilitates forgiveness. Organizational Behavior and Human Decision Processes; 113 (1): 37-50.
Lascia un commento