La storia della Psicologia nasconde molte sorprese a chi è disposto a immergersi nelle sue acque profonde. Alcuni esperimenti come quelli di Zimbardo e di Milgram sono venuti alla luce e hanno fatto il giro del mondo provocando ondate di indignazione, dato che sono stati considerati
esperimenti sadici, ma altri sono rimasti nell’anonimato.
Oggi ne approfitto per riprendere dagli archivi storici della psicologia due esperimenti che potrebbero venire qualificati come: coraggiosi, curiosi ma definitivamente stupidi. La maggior parte di questi esperimenti è stata realizzata nel campo della Psicologia Sociale (forse sarebbe ora di psicoanalizzare gli stessi psicologi sociali e i loro disegni sperimentali).
Uno degli esperimenti più controversi dal punto di vista della sicurezza venne sviluppato a metà degli anni ’80 del secolo scorso, e si centrava nell’analisi delle reazioni delle persone di fronte ad un tentativo di violenza carnale. Senza alcuno scrupolo i ricercatori prepararono una scena nella quale un giovane attore irrompeva in un campus universitario e tentava di violentare una ragazza che chiedeva aiuto a bassa voce. In questo modo i ricercatori valutavano le reazioni dei passanti e, se e quando, questi erano disposti a intervenire per impedire la violenza.
Dopo avere valutato la reazione di 80 passanti, i ricercatori riscontrarono che le persone erano più propense a intervenire quando erano in gruppo piuttosto che quando camminavano da sole. Infatti, il 35% dei passanti non tentò di salvare la ragazza che si supponeva veniva violentata. Il problema principale dell’esperimento stava nel fatto che non si poteva controllare la sicurezza dell’attore che interpretava la parte del violentatore, che appunto si prese diversi pugni.
In uno studio precedente, realizzato nel 1972, venne sempre messa a rischio la sicurezza dei loro assistenti. In questa occasione si pretendeva valutare come le persone reagivano quando qualcuno li osservava con insistenza in strada.
In uno dei disegni sperimentali un assistente arrivava con uno scooter e si fermava al semaforo rosso, appena di fianco ad un’automobile. Allora iniziava a fissare insistentemente l’altro conduttore fino a quando si accendeva il verde. In un’altra versione dell’esperimento, l’assistente fingeva semplicemente di camminare per la strada e improvvisamente si girava e cominciava a fissare insistentemente una persona, facendola sentire a disagio.
Come si poteva immaginare, quando le persone si sentivano osservate mostravano segnali di nervosismo e tentavano di andarsene il più in fretta possibile. Questo causò che molti conduttori affondassero il piede sull’acceleratore appena il semaforo diventava verde, con il rischio di
causare un incidente. Ovviamente, vi furono anche altri che minacciarono l’attore, che sicuramente dovette fare ricorso a tutto il suo coraggio e autocontrollo per ripetere questo comportamento con ben 450 altre persone.
Naturalmente, oggi questo genere di esperimenti non si realizzano più, dato che fortunatamente gli psicologi hanno adottato un codice etico molto più serio e professionale (e restrittivo) rispetto a quello del passato.
Infine, a parte mettere a rischio l’integrità física degli assistenti, non si è mai capito a cosa realmente servissero questi esperimenti.
Fonti:
Harari, H. et. Al. (1985) The reaction to rape by American male Bystander. The Journal of Social Psychology; 125(5): 653-658.
Ellsworth, P. et. Al. (1972) The stare as a stimulus to flight in human subjects: A series of field experiments. Journal of Personality and Social Psychology; 21(3): 302-311.
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