“Il declino dell’uomo”, un libro che ci commuove per il modo disincantato di narrare e affrontare la realtà. I principali postulati possono essere oggetto di critiche e potremmo addirittura non concordare con alcuni di essi, tuttavia è un libro che non può passare inosservato.
La prima edizione venne distribuita intorno al 1983, ma il tema centrale rinasce ed acquisisce sempre maggiore protagonismo ogni giorno che passa.
Come psicologa di tendenza umanista, devo confessare che all’inizio nutrivo una certa reticenza ad affrontare la lettura di un autore che ha ricevuto il Premio Nobel per la Medicina e che, inoltre, è considerato il padre dell’etologia. Per fortuna, ho vinto i miei dubbi e mi sono addentrata in una lettura che immerge nelle profondità della psiche e del comportamento umano già nei primi undici capitoli, e ciò nonostante, non giunge ad essere catastrofista e nell’ultimo capitolo ci offre delle ragioni per essere ottimisti, ci mostra la luce alla fine del tunnel.
Konrad Lorenz si sposta costantemente dal pensiero e i sentimenti delle masse all’esperienza di ogni persona a livello individuale, così possiamo comprendere bene entrambe le prospettive terminando con l’avere una visione più chiara e ampia di come la società ci condiziona e come le persone si lasciano condizionare.
Esistono alcune idee che considero centrali nella sua opera:
“L’uomo non riesce a mantenere il passo della velocità crescente con la quale cambia la civiltà e l’ambiente sociale. Il divario aumenta anno dopo anno”. Sarà stato questo suo pensiero una forma di previsione della velocità alla quale si evolve il mondo informatizzato? Fino a quando potremo mantenere il ritmo di apprendimento che impone la società dei consumi? Fino a dove può essere considerato psicologicamente sano affrontare una carriera senza limiti per mantenersi aggiornati?
“Gli uomini vivono oggi dentro una camicia di forza culturale che ogni giorno si fa sempre più stretta”. Si tratta di un’analisi che invita a riflettere sulla libertà personale, siamo oggi più liberi che in passato o semplicemente sono cambiate le forme sociali di esercitare il controllo?
Nello stesso tempo analizza i metodi che usa la pubblicità, che ai suoi tempi non avevano ancora raggiunto le proporzioni grottesche che hanno oggi. Quali sono le tecniche più utilizzate ed efficaci per pubblicizzare un prodotto? Perché sono proprio queste e non altre? In che modo ogni singolo individuo contribuisce alla macchina pubblicitaria?
Infine ci porta a riflettere sulla differenza tra ciò che è normale e ciò che può essere considerato patologico, su ciò che consideriamo adeguato e ciò che consideriamo inadeguato e negativo. Come si stabiliscono queste categorie? Fino a che punto è valida questa misurazione?
Forse molte delle risposte che incontreremo in questo libro non risulteranno del tutto confortanti, fino al punto di portarci a pensare che l’umanità intera sia immersa nella più totale incoscienza, ma nell’ultimo capitolo ritorna la fiducia nel miglioramento dell’essere umano e si prospetta il cammino per realizzare il cambiamento.
Senza alcun dubbio e a scapito del titolo tanto deprimente, “Il declino dell’uomo” risulta essere un libro più terapeutico di qualsiasi manuale di auto-aiuto, a patto di essere disposti a riflettere e addentrarci nei temi che propone l’autore.
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