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Home » Disturbi Mentali » Dal controllo alla consapevolezza: il viaggio psicologico nei disturbi alimentari

Dal controllo alla consapevolezza: il viaggio psicologico nei disturbi alimentari

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Disturbi alimentari
Foto Gratuita: Pexels

Il cibo è molto più di un semplice carburante per il nostro corpo; ci connette alla vita, agli altri e a noi stessi. Ci accompagna nei nostri momenti più importanti; offre conforto, celebrazione, rituale e amore. Tuttavia, è anche un atto così quotidiano che spesso ne trascuriamo l’influenza emotiva.

Il cibo, infatti, si intreccia con emozioni, ricordi e rituali. Ma ci sono momenti in cui questo equilibrio viene interrotto e ciò che dovrebbe nutrirci e confortarci diventa fonte di angoscia e disagio emotivo. Allora, emergono i disturbi alimentari: una lotta complessa, silenziosa e spesso incompresa che va ben oltre il cibo e l’immagine corporea.

Il controllo come falsa soluzione: il paradosso dei disturbi alimentari

I disturbi alimentari sono spesso associati al desiderio di “essere magri” o di conformarsi a determinati ideali estetici. Ma dietro questa esigenza si nasconde un quadro psicologico molto più profondo e complesso.

In molti casi, questi disturbi rispondono a un disperato tentativo di gestire le emozioni dolorose. Uno studio condotto presso l’Università di Manchester ha rilevato una correlazione particolarmente forte tra rabbia e tristezza e disturbi alimentari, mentre un altro studio condotto presso il King’s College di Londra ha scoperto che questi individui hanno difficoltà a regolare adeguatamente le proprie emozioni.

La restrizione alimentare, le abbuffate o le purghe possono essere meccanismi psicologici disadattivi per gestire le emozioni difficili, una strategia per provare un senso di controllo sulla propria vita in contesti di caos emotivo. Le persone affette da anoressia nervosa, ad esempio, potrebbero convincersi che resistere al morso della fame sia una dimostrazione di potere e controllo.

Ciò fornisce loro una temporanea sensazione di ordine che li aiuta a calmarsi, soprattutto per coloro che hanno vissuto situazioni traumatiche o carenze affettive. Un controllo rigoroso sull’alimentazione o sul peso può essere un tentativo di recuperare la sensazione di sicurezza e autonomia persa nelle esperienze passate. Infatti, almeno il 25% delle persone che soffrono di disturbi alimentari hanno vissuto anche eventi traumatici.

Quando queste esperienze generano una sensazione d’impotenza e di mancanza di controllo, possiamo “rifugiarci” nel nostro corpo, come se fosse l’unico posto in cui possiamo ancora prendere delle decisioni, regolare e imporre ordine. Tutto questo, però, non è altro che un’illusione di controllo, perché più cerchiamo di controllare la nostra alimentazione e il nostro peso, più il nostro comportamento alimentare diventa incontrollato.

3 tecniche psicologiche per trasformare il bisogno di controllo in consapevolezza

La buona notizia? È possibile invertire il percorso, una cammino che va dal rigido controllo alla consapevolezza emotiva, dall’autocritica feroce alla compassione interiore.

Questo processo prevede tre passaggi essenziali:

  • Riconoscere che il controllo non è il problema in sé, ma piuttosto una risposta a legittimi bisogni emotivi che devono essere convalidati.
  • Esplorare con curiosità e senza giudicare le emozioni o le storie passate che si nascondono dietro quel bisogno di controllo.
  • Apprendere nuove strategie per gestire le emozioni che non implichino autolesionismo o ricadere in schemi compulsivi.

Lungo il cammino, è importante essere consapevoli che rinunciare al controllo non significa arrendersi al caos. Al contrario: si tratta di riconquistare il tipo di controllo che conta davvero: il potere di scegliere, di sentire, di vivere in modo sano ed equilibrato. Queste strategie psicologiche possono rivelarsi molto utili per aiutarti a sviluppare un rapporto più positivo con il cibo.

PER TE  Sindrome dell'Impostore

1. Identificare i fattori scatenanti emotivi

Le purghe, la restrizione alimentare o le abbuffate compulsive non sono azioni che capitano per caso. Di solito sono risposte a emozioni intense, situazioni dolorose o pensieri automatici che generano una sensazione di minaccia. Per cambiare questi comportamenti è fondamentale capire cosa si nasconde dietro di essi.

Tenere un “diario delle emozioni” in cui annotare le situazioni che scatenano la voglia di mangiare o la necessità di controllare il peso può essere molto rivelatore. Sono momenti di stress? Sentimenti di rifiuto? Insicurezza? Inoltre, scrivi tutti i pensieri che ti passano per la mente in quei momenti.

Questa registrazione ti aiuterà a prendere coscienza degli schemi automatici che passano inosservati, delle emozioni sottostanti e delle convinzioni errate che li alimentano, così da poter rispondere in modo più adattivo. Ad esempio, potresti notare che tendi a limitare il cibo dopo dei litigi in famiglia o che ti abbuffi dopo una giornata di lavoro stressante.

Conoscere i propri fattori scatenanti emotivi non solo aumenta la consapevolezza di sé, ma offre anche indizi concreti per anticiparli e cercare strategie alternative che consentano di gestire tali emozioni in modo più sano, prima che portino a comportamenti dannosi.

2. Praticare la “tolleranza al disagio”

Questa tecnica di terapia dialettico-comportamentale è molto utile per gestire gli impulsi intensi, poiché incoraggia a imparare a sopportare le emozioni difficili, frenando l’impulso a reagire immediatamente. Invece di cercare di reprimere o controllare l’emozione, le permetti semplicemente di essere presente, come un’onda che sale e scende.

Il primo passo è identificare quando nasce l’impulso: potrebbe essere dopo un conflitto, di fronte a un’emozione intensa come vergogna, rabbia o tristezza, o anche dopo una situazione che provoca ansia.

Quando riconosci questo impulso, invece di agire immediatamente, prenditi una “pausa emotiva”. Inizia dando un nome a ciò che provi, perché etichettare le emozioni ti aiuterà a ridurne l’impatto. Respirare profondamente per qualche minuto attiverà anche il sistema nervoso parasimpatico e ridurrà l’intensità di ciò che stai provando.

Poi, ricorda che le emozioni sono temporanee. Puoi visualizzarle come un’onda che raggiunge sempre il suo picco, per poi scendere. Il tuo compito non è fermare l’onda, ma imparare a cavalcarla. L’obiettivo è capire che è possibile affrontare le emozioni intense senza lasciare che siano loro a dettare le nostre azioni. Col tempo imparerai che, nonostante il disagio sia spiacevole, sei più forte.

3. Abbraccia il mindful eating

Gli studi hanno dimostrato che le persone affette da disturbi alimentari hanno più difficoltà a individuare gli aspetti più sottili delle proprie abitudini alimentari e ad assaporare il cibo, dimostrando un’eccitazione emotiva più elevata quando mangiano. L’alimentazione consapevole, basata sulla terapia dell’accettazione e del compromesso, affronta proprio queste aree problematiche.

Se soffri di un disturbo alimentare, mangiare può essere un atto carico di ansia, sensi di colpa o di distacco. Il Mindful eating non comporta imporre regole su “cosa” o “quanto” mangiare, ma piuttosto ripristinare una connessione naturale con i segnali del corpo e trasformare il mangiare in un’esperienza neutra o addirittura piacevole.

PER TE  Paranoia quotidiana

Puoi iniziare scegliendo un pasto al giorno, senza fretta o distrazioni. Siediti e nota come ti senti: hai fame? Oppure mangi a causa di un’altra emozione, come la noia o l’ansia? Non si tratta di giudicare te stesso, ma di prendere nota di ciò che accade dentro di te.

Poi guarda il piatto come se fosse la prima volta. Nota i colori, la consistenza, l’aroma… Quella piccola pausa sensoriale disattiva automaticamente l’impulso a mangiare o può incoraggiarti a mangiare se soffri di anoressia. Cerca di masticare lentamente e di assaporare ogni aspetto. Mentre mangi, presta attenzione al tuo corpo, così imparerai a riconoscere i segnali fisici della sazietà.

Creando vincoli, l’importanza del supporto specializzato

Nei disturbi alimentari, la guarigione non implica solo cambiare ciò che si mangia, ma anche risanare il proprio rapporto con il cibo, con il proprio corpo e con le proprie emozioni. E per farlo, probabilmente avrai bisogno di molto più che semplice forza di volontà e buone intenzioni. A volte sono necessari un supporto specializzato, un sostegno emotivo e strategie cliniche che rispettino il ritmo e le esigenze individuali.

I disturbi alimentari sono complessi e può essere difficile interromperne il ciclo da soli. Infatti, la loro natura multicausale richiede un approccio globale, un team che non solo ti aiuti a regolare le tue abitudini alimentari, ma che lavori anche con te per curare le ferite emotive che sono alla base del problema.

Lilac Centro DCA, ad esempio, progetta percorsi personalizzati che includono terapia psicologica per offrirti strategie più efficaci di coping emotivo, supporto nutrizionale per aiutarti a costruire un rapporto sano con il cibo, assistenza medica e psichiatrica per valutare i problemi di salute che spesso accompagnano questo tipo di disturbi, oltre a gruppi di supporto in cui puoi condividere le tue esperienze con altre persone che stanno vivendo una situazione simile.

Ricorda che i disturbi alimentari distorcono la tua percezione, quindi un sostegno esterno può fare la differenza. Il vero potere non sta nel controllare ogni aspetto della tua vita, la tua dieta, il tuo corpo, ma nell’imparare a essere presente, anche quando la vita fa male. Per riuscirci, probabilmente dovrai risintonizzarti sulle tue emozioni e sul tuo corpo.

Riferimenti:

Ruiz, S. & Llorca, G. (2016) Mindfuleating y estilos de ingesta en pacientes con trastornos alimentarios.Àgora de salut; 3: 339-345.

Harrison, A. et. Al. (2010) Emotional functioning in eating disorders: attentional bias, emotion recognition and emotion regulation. Psychological Medicine;40(11):1887-1897.

Fox, J. & Froom, K. (2009) Eating disorders: A basic emotion perspective. Clinical Psychology &Psychoterapy; 16(4): 328-335.

Kong, S. & Bernstein, K. (2009) Childhood trauma as a predictor of eating psychopathology and its mediating variables in patients with eating disorders. Journal of Clinical Nursing; 18(13): 1897-1907.

Vanderlinden, J. et. Al. (1993) Dissociative experiences and trauma in eating disorders. International Journal of Eating Disorder; 13(2): 187-193.

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Jennifer Delgado Suárez

Psicóloga Jennifer Delgado Suárez

Sono una psicologa e da molti anni scrivo articoli per riviste scientifiche specializzate in Salute e Psicologia. Il mio desiderio è aiutarti a realizzare esperienze straordinarie. Se desideri sapere di più clicca qui.

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