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Home » Crescita Personale » Fallire, fallire e fallire…per raggiungere il successo!

Fallire, fallire e fallire…per raggiungere il successo!

In un sito che non ricordo più quale fosse una volta
lessi una frase che mi colpì moltissimo: “Molto
spesso il problema non sta nel fatto che non abbiamo avuto abbastanza successo
ma piuttosto che non siamo mai falliti
un numero sufficiente di volte
”. Ovviamente, questa idea si scontra con il
paradigma sociale che indica che il fallimento è attribuito a quella persona
che non è stata capace di raggiungere una meta (molto spesso impostagli dalla
società stessa).

Oggi come oggi, nel mondo occidentale, i genitori
tentano con tutti i mezzi a loro disposizione di fare in modo che i loro figli
non debbano mai fare l’esperienza del fallimento, facilitando loro il cammino
fino ad un limite davvero insano. Nello stesso tempo, in ognuno di noi si va
configurando un forte meccanismo di difesa che ci impedisce di riconoscere i
nostri stessi errori e limiti. Il problema è che, riconoscere di avere dei
limiti e che si commettono degli errori, viene pericolosamente identificato con
l’idea del fallimento. Nessuno di noi vuole essere un fallito! Ci hanno educato
ad avere paura di questa parola dato che ci è stato insegnato che corrisponde
ad un indice del nostro valore come persona. Ma non è così.
Comunque, se osserviamo la storia dei grandi geni del
passato vedremo che, prima di giungere a scoprire le loro teorie il loro
cammino era intriso di fallimenti. Infatti, scientificamente parlando, il
fallimento viene contemplato più come un errore che come una sconfitta, è un
passo inevitabile sul cammino che porta allo sviluppo.
Le ragioni
del fallimento
La causa principale del fallimento deriva dal
prefissarsi delle mete che non corrispondono con le nostre reali capacità per
realizzarle. Attualmente i mezzi di comunicazione insistono su di una immagine
del successo che può essere raggiunta solo da pochi. Così, saremo tentati di
assumere questi modelli come delle mete personali e come punti di riferimento
senza renderci conto che questo stile di vita non è alla nostra portata. Essere
ambiziosi è positivo e pianificare nuove mete sempre più difficili da
raggiungere è un modo per crescere, ma dovremmo stare attenti a non
allontanarci troppo dal buon senso.
Il fatto curioso è che molto spesso la maggioranza
delle persone che sentono che stanno per fallire
in realtà non sono poi così lontane dal realizzare il loro obiettivo,
semplicemente si trovano solo a pochi passi dal successo senza rendersene
conto. Così, il fatto di ottenere un salario appena minore di quanto ci
aspettassimo aumenta la sensazione di fallimento. Tanto è così, che si è
dimostrato che gli atleti olimpici che ottengono di vincere la medaglia di
bronzo sono più felici di quelli che vincono quella d’argento. Questo accade perché
l’argento significa avere mancato per un soffio il primo posto e questo è
deludente e frustrante.
L’altra grande causa di fallimento è la tendenza a
scommettere tutto su di un solo cavallo. Cioè, molte persone si concentrano
solo su di un unico obiettivo e non contemplano piani alternativi. Allo stesso
modo, alcuni professionisti si concentrano esclusivamente sulla loro carriera e
si sentono falliti nell’ambito della vita di coppia o nelle relazioni
interpersonali ed è naturale dato che, investendo tutte le loro energie in
ambito professionale, trascurano le altre sfere della vita che potrebbero dare
loro maggiore felicità.
Naturalmente, esistono anche altri fattori che
determinano il fallimento e alcuni di questi possono anche sfuggire al nostro
controllo, come nel caso di alcuni cambiamenti imprevedibili nel contesto
generale che presumibilmente doveva sostenere il nostro progetto ma che alla
fine si è convertito in una barriera insormontabile.
Modelli di
fallito
Se dovessi fare un quadro per descrivere le persone
che si sentono dei falliti direi che mi soffermerei su due modelli: il perdente
nato e l’eterno perfezionista. Ed è che se ci addentriamo davvero in ciò che è
il fallimento vedremo che corrisponde più ad una sensazione di sconfitta che a
una situazione oggettiva. Infine, ciò che una persona può considerare
fallimento potrebbe non essere lo stesso per un’altra dato che no abbiamo tutti
gli stessi obiettivi.
Il perdente nato è quella persona che si sente sempre
triste a causa di una sensazione perenne di fallimento, dato che crede che tutto
ciò che ha fatto l’ha fatto male perché non ha raggiunto gli obiettivi che si
era prefissato. Si tratta di persone che hanno una immagine molto povera di se
stessi e nulla di ciò che fanno pare loro importante così che quasi tutto si
trasforma in un fallimento. Di fronte al minimo problema vengono assaliti dalla
sensazione di fallimento e così abbandonano il cammino.
Sull’altro lato incontriamo l’eterno perfezionista.
Per queste persone, che sono estremamente scrupolose e minuziose, le cose
devono essere fatte in maniera perfetta e irreprensibile. In questo modo, non
volendo mai in alcun modo affrontare il fatto che gli esseri umani commettono
errori, la loro vita gli appare come una serie infinita di opere non concluse e
imperfezioni. Ovviamente, queste persone non provano mai il piacere del
successo (anche quando lo ottengono) dato che sono eternamente alla ricerca di
qualcosa di più.
Quando il
fallimento porta al successo
Esistono persone che si scoraggiano di fronte al
fallimento mentre altre utilizzano questa sensazione come lezione per
continuare nel cammino migliorandosi. Queste ultime, sono coloro che
comprendono il fallimento come un passo utile nella direzione giusta, non come
la fine della storia.
Recentemente gli psicologi Jonah Berger e Devin Pope,
hanno analizzato un totale di 18.000 giocatori di pallacanestro della NBA e
sono giunti ad un risultato paradossale: perdere è altamente motivante.
Infatti, le squadre che terminavano il primo tempo con un leggero svantaggio
avevano molte più opportunità di vincere alla fine della partita.
I ricercatori si chiesero se la motivazione derivante
dal fallimento si potesse applicare anche a persone normali. Così che chiesero
a 171 volontari che premessero il più velocemente possibile due pulsanti in un
lasso di tempo di 30 secondi. L’obiettivo era quello di superare l’avversario.
Dopo che erano passati i 30 secondi si stabilì di fare una pausa durante la
quale ogni persona veniva informata sulla sua prestazione e su quella dell’avversario.
Il trucco consisteva nel fatto che a un gruppo veniva detto che era di poco più
lento dell’avversario mentre che all’altro si diceva che erano molto distanti
mentre che al terzo gruppo si disse che era molto più veloce del’avversario. Finalmente,
ad un quinto gruppo di controllo non venne detto nulla. In seguito i volontari
dovevano ripetere la prestazione per altri 30 secondi.
Cosa accadde? Le persone alle quali veniva detto di
essere di poco più lente dell’avversario aumentarono considerevolmente il loro
sforzo ottenendo migliori risultati, maggiori rispetto al resto degli altri
gruppi.
Questo significa che se consideriamo il fallimento
come un passo in avanti sul nostro cammino e sappiamo che abbiamo delle
possibilità di raggiungere la nostra meta, potremo apprendere dagli errori
fatti e correggere i nostri piani al fine di raggiungere l’obiettivo.
Fonte:
Berger, J.
& Pope, D. (2011) Can Losing Lead to Winning? Management Science; 57(5): 817–827.

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Jennifer Delgado Suárez

Psicóloga Jennifer Delgado Suárez

Sono una psicologa e da molti anni scrivo articoli per riviste scientifiche specializzate in Salute e Psicologia. Il mio desiderio è aiutarti a realizzare esperienze straordinarie. Se desideri sapere di più clicca qui.

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