Le grandi aziende tentano di attrarre l’attenzione dei loro clienti potenziali in qualsiasi modo. Per questo non è strano che negli ultimi anni sia sorto il “Branding Emozionale”, una forma per
sintonizzarsi con le persone e distinguersi dalla concorrenza.
Per esempio, nel fondo, un hamburger di McDonald e uno di Burger King non sono poi così diversi. Tuttavia, le due marche sono diverse. Questo si deve al branding. McDonald rappresenta il divertimento mentre Burger King ha scommesso per migliorare il sapore.
Tradizionalmente, lo schema su cui si basavano le aziende era molto semplice:
- Individuare il desiderio dei consumatori potenziali
- Cercare alternative per soddisfare questo desiderio
- Fare in modo che il prodotto sembrasse la migliorealternativa possibile nel mercato
Da alcuni anni, questa catena ha aggiunto un ulteriore anello: la relazione tra l’acquisto e la lealtà. In questo momento non si vendono più prodotti ma bensì stili di vita. Non acquistiamo un televisore o un lettore musicale qualsiasi ma piuttosto uno di una marca precisa, perché dietro a questa si trova un significato che condividiamo o il desiderio di identificarci con un determinato gruppo sociale che normalmente compra questi prodotti.
Ora il branding ha fatto fare un passo ulteriore all’azienda, tentando di connetterla emotivamente ai suoi clienti, creando esperienze e sensazioni di appartenenza con il marchio. Infatti, queste sono le carte vincenti giocate dalla Apple, l’azienda che non ha investito per incrementare i clienti ma bensì per conquistare dei fan. Ovviamente, questa profonda identificazione con il marchio non si ottiene dalla sera alla mattina, si necessita di tempo e di abilità.
Secondo Steve Goldner, uno dei guru del branding emozionale, le imprese devono passare sei fasi, in ognuna di queste si dovrà rispondere a queste domande:
- Como ottenere che il cliente si interessi alla marca?
- Come fare in modo che il cliente consideri la possibilità di comprare qualcosa?
- Come convincere il cliente che la sua decisione di acquistare era giusta, le a decisione “vincente”?
- Come trasformare il consumatore in un cliente leale che continui a compare i prodotti della marca in oggetto e che sia il più ricettivo possibile?
- Come creare un rituale che permetta di fare in modo che la marca passi a far parte della vita del consumatore?
- Come riuscire a far sì che il cliente si trasformi anche in ambasciatore e portavoce della marca?
Come si può vedere, mettere in pratica il branding emozionale non è cosa facile. Fortunatamente, esistono alcune linee guida generali che ci aiuteranno a tracciare una strategia.
- Dal consumatore alla persona. Teniamo presente che i consumatori comprano mentre le persone vivono e si relazionano. Se impostiamo la nostra compagna pubblicitaria solo verso la vendita avremo grandi possibilità di fallire in poco tempo, ma se riusciamo a fare sì che i nostri
prodotti rappresentino uno stile di vita, allora potremo ottenere di mantenerci nelle preferenze delle persone. - Dal prodotto all’esperienza. I prodotti sono diretti a soddisfare le necessità ma le esperienze sono concepite per realizzare i desideri. Questa è una differenza sottile ma trascendentale.
- Dall’onestà alla fiducia. I clienti possono immaginare che una determinata impresa sia onesta; tuttavia, questo non implica che confidino nei suoi prodotti. La fiducia deve essere la meta del branding.
- Dalla qualità alla preferenza. Nessun prodotto, per potente che sia la strategia di pubblicità che si metta in campo, può raggiungere dei record importanti di vendita se non è di qualità. Ad ogni modo, esistono molti prodotti di qualità che non raggiungono il successo. La chiave
sta nel riuscire a trasformare il prodotto in qualcosa di diverso dal resto. - Dall’identità alla personalità. Esistono marche che sono conosciute ma questo non significa che abbiano personalità. Il branding emozionale viene diretto a distinguere l’azienda dal resto della concorrenza dandole carattere.
- Dal servizio alle relazioni. La maggioranza delle aziende offrono servizi. Tuttavia, se consideriamo il cliente non solo come un consumatore e un acquirente ma come una persona, ci renderemo conto della differenza tra offrire un servizio professionale ma freddo e distante e,
offrire una attenzione personalizzata con la quale stabilire una relazione. Infatti, non è un caso fortuito che i piccoli blog d’informazione in rete guadagnino sempre più popolarità mentre i grandi quotidiani perdono terreno. Le persone cercano e valutano di più una relazione personalizzata rispetto ad un servizio distante.
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