
Tradizionalmente gli psichiatri e gli psicologi hanno sempre relazionato la paranoia con
persone che soffrono di disturbi psicotici e mostrano sentimenti di sfiducia e gravi problemi nella comprensione delle situazioni, fatto che li porta ad assumere un’attitudine di chiusura, sospetto e diffidenza.
Oggi questa aspettativa è cambiata e si conosce che molte persone “sane” possono anche loro sviluppare atteggiamenti paranoici. Di fatto, la paranoia non è una manifestazione clinica unica ma piuttosto un continuum che può venire sperimentato in un modo o nell’altro da buona parte
della popolazione mondiale.
Nel 2007 gli psicologi dell’Università di Manchester, Michelle Ampbell e Anthony Morrison, intervistarono sei persone “sane” e sei pazienti psichiatrici con l’obiettivo di confrontare le loro rispettive esperienze rispetto alla paranoia.
I risultati mostrarono che molti aspetti della paranoia erano simili in entrambi i gruppi: per esempio, tutte le persone riconoscevano che i pensieri paranoici producevano loro una grande ansia e che erano collegati con esperienze negative vissute durante l’infanzia.
Naturalmente, si apprezzarono anche alcune differenze: le persone “sane” provavano sempre una sensazione di controllo e manifestavano idee paranoiche in aspetti piuttosto banali della vita mentre che le persone che soffrivano di psicosi sentivano di non avere nessun controllo su di se o sulle situazioni e presentavano queste idee paranoiche sempre in relazione a questioni di vita o di morte.
Per dare un’ulteriore giro di vite alla comprensione della paranoia, Catherine Green, psicologa del King’s College, reclutò 58 persone “sane” con l’obiettivo di sviluppare in loro una comprensione delle situazioni di tipo paranoico.
I partecipanti si sedettero in una stanza con lo sperimentatore e dovevano scrivere della escursione che avevano fatto il giorno stesso nel laboratorio. In seguito, una persona bussava alla porta e chiedeva allo sperimentatore che uscisse per alcuni minuti. Dopo una breve esitazione lo sperimentatore usciva e rientrando si sentiva nella stanza (per 35 secondi) una
risata molto forte che echeggiava per tutto il corridoio.
Cosa pensereste voi se vi foste trovati nella stessa situazione e dopo una breve conversazione, la persona che aveva bussato se ne andasse ridendo?
Il 15,5% dei partecipanti rispose che la persona rideva per qualche motivo relativo a loro stessi o alle risposte date nel questionario. Senza dubbio, un piccolo esempio di come si può sviluppare la paranoia attribuendo ad una situazione un significato personale.
Va però anche detto che il 48% delle persone non sentì neppure la risata in corridoio.
Tuttavia, la parte davvero interessante di questa ricerca è che, la paranoia perde la sua connotazione patologica allertandoci del fatto che questa può nascondersi dentro di tutti noi in piccole dosi e che per questo motivo dovremmo prestare attenzione al modo in cui valutiamo le situazioni nelle quali ci troviamo coinvolti. Ricordiamo sempre che le presupposizioni non sono sempre positive e che solo raramente siamo il vero centro dell’attenzione.
Fonti:
Green, C.E. et. Al. (2011) Paranoid explanations of experience: a novel experimental study. Behavioral and Cognitive Psychotherapy; 39 (1): 21-34.
Campbell, M.L.C. & Morrison, A.P. (2007) The subjective experience of paranoia: Comparing the experiences of patients with psychosis and individuals with psychiatric history. Clinical Psychology and Psychotherapy; 14: 63-77.
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