I cartoni animati hanno permeato tutta la nostra infanzia e continuano a farlo con le nuove generazioni. Normalmente i genitori vedono, per esempio, che si tratta di una produzione di Disney e così danno per scontato che si tratti di qualcosa di adatto ai minori e ai bambini. Tuttavia, in realtà vi sono molti messaggi occulti dietro agli apparentemente innocui ed ingenui personaggi dei cartoni.
Ora, i ricercatori canadesi Lawson e Fouts, si sono incaricati di analizzare minuziosamente 34 lungometraggi prodotti da Disney. I risultati sono stati davvero impressionanti: i riferimenti alle “malattie mentali” sono più comuni nei film di Disney che nei programmi televisivi comuni. Inoltre, una quinta parte dei personaggi principali viene descritto come malato di mente utilizzando appellativi denigranti che offrono un’immagine stereotipata e peggiorativa di
questo problema.
Per fare solo alcuni esempi, ricordiamo uno dei classici di Disney: “La bella e la bestia”, nel quale il padre della protagonista viene etichettato come pazzo e rinnegato dal villaggio per poi venire rinchiuso n un manicomio grazie ad uno psichiatra corrotto. In “Alice nel paese delle meraviglie” i personaggi della Lepre e del Cappellaio Matto la passano davvero male mentre che in “Asterix” tutti quelli che hanno abitudini diverse dai romani vengono etichettati con termini spregevoli.
Attualmente il panorama non è cambiato molto: il protagonista di “Fratello Orso” è descritto come un pazzo irrazionale; in “Nemo” il personaggio di Dory banalizza al limite il “disturbo di memoria a breve termine” e il pescecane Bruce ed i suoi amici semplificano a livelli inusitati
lo schema terapeutico degli Alcolisti Anonimi.
Uno degli esempi più forti si può incontrare precisamente nel “Re leone”. In questo film le iene assumono il ruolo del malato di mente, riconoscibile per i suoi occhi bianchi, la risata isterica e
le buffonate di Ed (il personaggio più pazzo dei tre) che addirittura si auto lesiona rosicchiandosi la gamba. Con l’avanzamento della trama diventa chiaro che le iene sono relegate ad essere il gruppo sociale più basso, da temere ed evitare ma, quando possibile, si può però approfittare di loro.
Gli autori di questo studio affermano che un’esposizione prolungata a questo tipo di film potrebbe fomentare un’immagine stereotipata e denigrante della malattia mentale, propiziando nel contempo reazioni emotive negative come la paura.
D’altra parte, uno studio realizzato da ricercatori neozelandesi e diretto da Claire Wilson, nel quale si sono analizzati 69 cartoni animati, conferma questi stessi risultati. Secondo questi specialisti il linguaggio poco rispettoso che viene utilizzato per definire la malattia mentale farebbe in modo che i bambini percepissero che questo tipo di appellativi denigranti sono accettati socialmente e addirittura, che è divertente prendere in giro queste persone.
Naturalmente, non si pretende che i cartoni animati per bambini si trasformino in saggi di Psichiatria scientifica, ma tenendo presente che gli stessi rappresentano un punto di riferimento importante nello sviluppo morale dei bambini, sarebbe meglio che alcuni dialoghi e personaggi venissero riconsiderati.
Fonti:
Lawson, A. & Fouts, G. (2004) Mental illness in Disney animated films. Canadian Journal of Psychiatry; 49: 310-314.
Wilson, C. et. Al. (2000) How mental illness is portrayed in children’s television. A prospective study.British Journal of Psychiatry; 176: 440-443.
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