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“Mi offendo, quindi esisto”, il segno di una bassa autostima

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Mi offendo quindi esisto

Sembra che al giorno d’oggi basti dire “buongiorno” per offendere qualcuno. Non importa il tono, l’intenzione o il contesto: qualsiasi parola può trasformarsi in una dinamite emotiva.

Viviamo in un’epoca di ipersensibilità emotiva. Non c’è dubbio.

Ma cosa sta succedendo veramente? La gente ha finalmente capito tutto, o c’è qualcosa di più profondo dietro tutte queste frecciatine?

Ho bisogno che tu mi applauda (per sentire che valgo qualcosa)

Oggi più che mai, sempre più persone costruiscono la propria autostima in base a ciò che gli altri pensano di loro. Questo è ciò che viene definito autostima contingente. Non basta più avere una buona opinione di sé: ora sembra che abbiamo bisogno di una costante convalida esterna, sotto forma di “likes”, elogi e approvazione.

Quando questa convalida non arriva, o peggio, si presenta una critica o un disaccordo (per quanto piccolo), si scatena un’apocalisse emotiva. Questo porta al punto in cui un commento ambiguo, una battuta superficiale o persino uno sguardo impassibile scatenano una reazione sproporzionata.

Anche se è naturale sentirsi offesi di tanto in tanto, quando questo diventa la norma, come nel caso della generazione “fiocco di neve” , può essere segno di un’autostima estremamente fragile.

Ego fragili, offese facili

Uno studio condotto presso l’Università di Washington ha rivelato che le persone con una bassa autostima tendono a provare emozioni negative più intense, soprattutto quelle legate all’autopercezione, come vergogna e orgoglio. Hanno anche più difficoltà a riprendersi dai loro attacchi.

Ciò suggerisce che una bassa autostima possa rendere le persone più inclini a sentirsi offese, poiché percepiscono le critiche o i commenti neutri come attacchi personali. Infatti, chi ha una bassa autostima fa molto affidamento sulla convalida esterna per mantenere la propria immagine di sé, il che li rende più vulnerabili alle offese.

Quando percepiscono una minaccia, anche minima, alla loro immagine, reputazione o status sociale, reagiscono in modo eccessivo per proteggere un fragile senso di sé. Questo può portare a ipersensibilità, che li porta a offendersi per qualsiasi cosa. Quando non abbiamo un “io forte”, qualsiasi cosa esterna può diventare una minaccia.

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Mi offendo, quindi esisto

Negli ultimi tempi, sentirsi offesi è diventata una forma di autoaffermazione. Viene ostentata e proclamata come un modo per dimostrare che abbiamo dei limiti o che ci rispettiamo. Ma spesso, più del rispetto, ciò che viene attivato è un meccanismo di difesa.

Infatti, un altro studio condotto presso l’Università degli Studi Roma Tre ha rivelato che sentirsi offesi non è tanto una questione di sensibilità quanto di immagine di sé. In questo senso, non dobbiamo dimenticare che l’offesa è profondamente legata a emozioni autocoscienti come la vergogna e l’orgoglio.

L’offesa nasce quando crediamo che qualcuno stia danneggiando l’immagine che abbiamo (o che vogliamo proiettare) di noi stessi. E cosa succede quando quell’immagine è fragile? Beh, qualsiasi cosa può distruggerla.

Chi ha una forte autostima non ha bisogno di difendere ogni centimetro della propria immagine. Sanno chi sono, tollerano le critiche e persino si prendono gioco di sé. Ma quando non ci si sente così sicuri interiormente, qualsiasi cosa che ci metta in discussione è un attacco offensivo che genera una reazione difensiva.

L’offesa come scudo contro le insicurezze

Cosa guadagnano le persone che si offendono per tutto? Molto più di quanto sembri. L’estrema sensibilità potrebbe in realtà essere una strategia inconscia per evitare di dover affrontare le proprie insicurezze.

Quando una persona si sente insicura e ha una bassa autostima ma non vuole ammetterlo, quale modo migliore per farlo se non incolpare il mondo per averla fatta sentire male? È più facile dire che gli altri l’hanno offesa che guardare dentro di sé e chiedersi perché l’abbia colpita così tanto.

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Il meccanismo dell’offesa ha un vantaggio: protegge dal lavoro interiore. La persona non deve elaborare le proprie ferite, i propri complessi o le proprie insicurezze. Si dichiara semplicemente vittima delle parole, degli atteggiamenti o del tono di qualcuno. Non deve cambiare. È il mondo che deve cambiare.

Il problema è che questo schema crea dipendenza. Più si offendono, più giustificano la loro posizione di non andare avanti, di non rivedere nulla, di non crescere. Così, alcune persone finiscono per aggrapparsi all’offesa come a una sorta di mantra che le protegge dall’introspezione. E iniziano a definirsi in base a ciò che le ferisce. Smettono di essere “Anna, quella che ama leggere” e diventano “Anna, quella che non sopporta che si parli di certi tipi di politica perché la offendono sempre”.

Costruire una forte autostima

Sentirsi offesi ogni tanto è umano, ma quando diventa una costante, può essere il riflesso di una bassa autostima e di un ego estremamente fragile che tende a sbagliare ripetutamente.

La chiave non è indurirsi, ma rafforzare il cuore. Una buona autostima non si costruisce evitando le critiche, ma imparando a tollerarle. Non si basa sull’approvazione di tutti, ma sul sapere chi siamo, anche se gli altri non ci applaudono.

Quando costruiamo un’autostima a prova di bomba, non abbiamo più bisogno di trasformare ogni disaccordo in un’offesa personale. Possiamo ascoltare senza crollare. Possiamo dissentire senza svalutarci. E, soprattutto, possiamo smettere di vivere sulla difensiva.

Riferimenti:

Poggi, I. & D’Errico, F. (2017) Feeling Offended: A Blow to Our Image and Our Social Relationships. Front. Psychol.; 8: 10.3389.

Brown, J. D. & Marshall, M. A. (2001) Self-Esteem and Emotion: Some Thoughts about Feelings. Personality and Social Psychology Bulletin; 27(5): 10.1177.

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Jennifer Delgado Suárez

Psicóloga Jennifer Delgado Suárez

Sono una psicologa e da molti anni scrivo articoli per riviste scientifiche specializzate in Salute e Psicologia. Il mio desiderio è aiutarti a realizzare esperienze straordinarie. Se desideri sapere di più clicca qui.

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