• Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria
  • Passa al piè di pagina

Angolo della Psicologia

Blog di Psicologia

  • Chi scrive
  • Argomenti di Psicologia
  • Libri di Autoaiuto
  • Pubblicità
Home » Disturbi Mentali » The Monster Study: quando l’ansia per la conoscenza va oltre l’etica

The Monster Study: quando l’ansia per la conoscenza va oltre l’etica

Share on Facebook Share on X (Twitter) Share on LinkedIn Share on Telegram Share on WhatsApp Share on Email
ansia per la conoscenza
 

La storia della psicologia è purtroppo anche segnata da esperimenti poco etici come quelli di Zimbardo e di Milgram, che in alcune occasioni hanno obbligato i suoi autori a chiedere pubblicamente scusa, come nel caso di quello che viene conosciuto come “The Monster Study” (Lo Studio Mostruoso). 

In questo caso l’esperimento venne sviluppato da Wendell Johnson, professore dell’Università dell’Iowa, che prese come soggetti dello studio 22 orfani che vivevano a Davenport. Era l’anno 1939.

Per selezionare i piccoli partecipanti vennero intervistati un totale di 256 bambini, dei quali si scelsero 10 balbuzienti e altri 12 che non avevano problemi. Vennero accoppiati tenendo conto del sesso, dell’età e del coefficiente intellettuale.

Come assistente del ricercatore fu scelta una giovane studente, Mary Tudor, la quale dopo avere separato i piccoli in due gruppi, veniva incaricata di comunicare in modo positivo con i bambini del primo gruppo in modo tale che questi sviluppassero la capacità verbale nella forma più fluida possibile ma nello stesso tempo comunicava in modo negativo con il secondo gruppo disprezzandoli ripetutamente per qualsiasi loro errore nel parlare e sottolineando sempre che erano balbuzienti.

Come si può immaginare, il gruppo di bambini sottoposti a influenza negativa non solo sviluppò problemi comunicativi e del linguaggio ma addirittura sviluppò disturbi psicologici. Come si può ben immaginare, si tentò di occultare lo studio per timore delle ripercussioni mediatiche e sociali che questo poteva avere e anche perché gli stessi colleghi di Wendell gli consigliarono di non infangare la sua reputazione con la pubblicazione dello stesso. Tuttavia, nel 2001 l’Università dell’Iowa si scusò pubblicamente per questi fatti e attualmente è possibile leggerne la tesi nella
biblioteca dell’Università stessa. 

PER TE  Megaressia: essere in sovrappeso e vedersi magri

Il vero obiettivo dello studio si centrava nel propiziare la balbuzie ai bambini sani modificando solo la forma di comunicare con loro e nello stesso tempo, eliminare la balbuzie degli altri bambini utilizzando un linguaggio chiaro e una comunicazione affettuosa.

Il periodo dell’esperimento si estese per cinque mesi durante i quali i bambini erano sottoposti a 45 minuti di conversazione che riflettevano un copione studiato con attenzione. A molti di loro che avevano difficoltà a parlare si diceva: “Supererai la balbuzie e sarai capace di parlare addirittura meglio delle persone normali. Non prestare attenzione a quelli che ti criticano, senz’altro loro non si rendono conto che si tratta solo di una fase passeggera”.

Al contrario, ai piccoli sani veniva detto qualcosa di radicalmente diverso: “Lo staff medico è giunto alla conclusione che soffri di un grave problema del linguaggio. Hai molti dei sintomi tipici
dei bambini balbuzienti. Devi fare qualcosa per arrestare il peggioramento. Usa la tua volontà, non parlare a meno che non puoi farlo bene. Hai visto come parla (e si menzionava il nome di un bambino dell’orfanotrofio che mostrava evidenti problemi di balbuzie)? Senza dubbia ha iniziato come te”.
 

L’assistente riportava nelle sue note che dopo la quinta sessione i risultati erano evidenti: molti dei bambini che parlavano perfettamente fino al mese prima, ora rifiutavano di parlare o mostravano difficoltà. Naturalmente, in questo caso ci si riferiva a bambini tra i 5 ed i 9 anni di età perché negli adolescenti di 15 anni che erano maggiormente coscienti di sè, il processo necessitò di maggiore tempo ma le conseguenze furono ancora più serie. 

PER TE  Sindrome da empatia: Quando il dolore altrui ti supera

Una volta terminato l’esperimento l’assistente, la Tudor, tornò in varie occasioni all’orfanotrofio per offrire aiuto ai piccoli che aveva convertito in balbuzienti e anche se afferma che  questi si curarono definitivamente dai loro problemi di comunicazione verbale, riferisce anche che non è sicura degli effetti che l’esperimento ebbe sui bambini. 

Attualmente alcuni specialisti affermano che l’esperimento presentava errori metodologici importanti e per questo motivo i risultati (oltre alla mancanza di etica) non si possono utilizzare per approfondire la conoscenza della balbuzie.

Tuttavia, esistono altri specialisti che affermano che questo studio mostra che la balbuzie è un disturbo eminentemente psicologico. Ultimamente sono sempre più numerosi gli psicologi che affermano come la balbuzie (o disfemia) sia un disturbo che dipende da molti fattori. 

Va detto che nell’agosto del 2007 sei di questi orfani furono indennizzati dallo stato dell’Iowa con un totale di 925.000 dollari, per il danno emotivo causato. Questa denuncia fece seguito ad un articolo apparso nel 2001 nella rivista Mercury News, dove venivano evidenziati gli effetti
psicologici che avevano sofferto queste persone.

 
Fonte:
Dyer, J. (2001) Ethics and Orphans: The “Monster Study”. In: Dipartimento di Psicologia dell’Università di Stanford.
Share on Facebook Share on X (Twitter) Share on LinkedIn Share on Telegram Share on WhatsApp Share on Email

Jennifer Delgado Suárez

Psicóloga Jennifer Delgado Suárez

Sono una psicologa e da molti anni scrivo articoli per riviste scientifiche specializzate in Salute e Psicologia. Il mio desiderio è aiutarti a realizzare esperienze straordinarie. Se desideri sapere di più clicca qui.

Ricevi le novità

Iscrivendoti all'Angolo della Psicologia accetti la nostra Privacy Policy. Ma non ti preoccupare, noi odiamo lo spam quanto te!

Segui leggendo

Il modo migliore per vendicarsi di qualcuno che ti ha fatto del male, secondo la psicologia

Stampelle emotive: quando appoggiarsi diventa un’abitudine pericolosa

Prendersi cura di sé è noioso, ma significa che siamo sulla strada giusta

Interazioni del lettore

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Barra laterale primaria

Articoli recenti

  • Il modo migliore per vendicarsi di qualcuno che ti ha fatto del male, secondo la psicologia
  • Stampelle emotive: quando appoggiarsi diventa un’abitudine pericolosa
  • Prendersi cura di sé è noioso, ma significa che siamo sulla strada giusta
  • Teoria dell’imputazione di Menger: perché diamo valore a ciò che perdiamo e non a ciò che abbiamo?
  • I 6 principi dell’assistenza informata sul trauma che cambiano la vita

Ricevi le novità

Disclaimer e Privacy

Iscrivendoti all'Angolo della Psicologia accetti la nostra Privacy Policy ma non ti preoccupare, noi odiamo lo spam quanto te!

Footer

Contatto

jennifer@intextos.com

Angolo della Psicologia

Blog di Psicologia: Articoli sulla salute mentale e la crescita personale, tecniche psicologiche, studi sul cervello e libri di Psicologia.

Seguici

  • Facebook
  • Instagram
  • LinkedIn
  • Twitter

© Copyright 2010-2024 Angolo della Psicologia · Tutti i diritti sono riservati · Politica dei Cookies · Disclaimer e Privacy · Pubblicità