Pochi mesi fa James Holmes irruppe in un cinema in Colorado e uccise, sparandogli, 12 persone ferendone molte altre. Non si tratta di un caso isolato, sono purtroppo tanti gli episodi come questo che sono accaduti nel corso della storia soprattutto in un paese come gli USA dove le armi sono disponibili per la vendita a chiunque. Il lato curioso di queste vicende è che quando vengono intervistati parenti e amici dell’assassino, questi ripetono tutti che per loro si trattava di una persona timida e introversa, chiusa in se e con pochi amici.
Allora tutti fanno cenno di sì con il capo, come se tra la timidezza, l’introversione e il desiderio di uccidere, vi fosse una profonda relazione. Tuttavia, è certo che al mondo esistono milioni e
milioni di persone introverse (si considera il 25% della popolazione mondiale) che però non se ne vanno per le strade ad uccidere tutti quelli che incontrano. Allora … La timidezza e l’introversione sono fattori determinanti nello sviluppo di una psicopatia o una psicosi?
A fare luce su questo argomento interviene un nuovo studio realizzato nel 2010. Gli psicologi che lo hanno sviluppato studiarono quella che viene definita la “Triade Oscura della Vulnerabilità”: un narcisismo ipersensibile, una psicopatia e un disturbo di personalità borderline. Tuttavia, il lato curioso è dato dal fatto che questa triade è stata messa in relazione con l’emotività negativa ma si è anche dimostrato che è anche inversamente proporzionale all’introversione e alla disinibizione.
A confermare quest’idea interviene un altro studio realizzato dall’Università di Oxford, nel quale si è dimostrato che le basi neurofisiologiche dell’introversione riposano nel sistema inibitorio che include la corteccia orbito frontale (relazionata con il processamento cognitivo nel prendere le decisioni), e per questa ragione le persone introverse tendono a parlare meno e pensare di più rispetto agli estroversi e, sempre per questo motivo tendono a metterci più tempo nel prendere le decisioni.
Un altro esperimento ha portato alla luce una scoperta ancor più interessante: nel cervello delle persone introverse circola più sangue e questo viaggia seguendo percorsi diversi (rispetto al
cervello delle persone estroverse). Di fatto, i percorsi che segue il sangue nel cervello delle persone introverse sono molto più complessi, e questo potrebbe spiegare il fatto che sorgano loro delle idee quando ormai è troppo tardi.
E se questo non bastasse, si è potuto constatare che gli introversi sono molto sensibili alla dopamina così che, se in determinate circostanze il loro organismo produce quantità di questo
neurotrasmettitore al di sopra della norma, il loro organismo si sentirà stimolato eccessivamente dato che è maggiormente abituato alla produzione di acetilcolina (relazionata con il sonno).
Ad ogni modo, altri studi hanno dimostrato che l’isolamento sociale può amplificare le conseguenze negative dello stress e aumentare il rischio di sviluppare determinate psicopatologie. Allora … Qual è la risposta?
In realtà la personalità è una costruzione complessa che si va sviluppando durante tutta la vita e viene influenzata da ogni nuova esperienza. Questo significa che la estroversione/introversione sono semplici caratteristiche che vengono aggiunte ad un quadro molto più complesso. Inoltre, l’introversione non è un fattore che esiste a se stante, ma piuttosto è un continuum che si può manifestare in misura maggiore o minore in diverse situazioni.
D’altra parte, l’introversione non è necessariamente una caratteristica negativa. Molti geni del passato erano persone introverse dato che stare soli con noi stessi aiuta ad approfondire ed
esplorare le nostre abilità creative.
Tutto questo implica che l’introversione di per se non è un motivo sufficiente per sviluppare nessuna patologia mentale. Può incentivarla ma senza dubbio non può essere la scintilla che accende il fuoco.
Fonti:
Miller, J. D. (2010) Searching for a Vulnerable Dark Triad: Comparing Factor 2 Psychopathy, Vulnerable Narcissism, and Borderline Personality Disorder. Journal of Personality; 78(5): 1529-1564.
Lieberman, M. et. Al. (2000) Introversion and working memory: central executive differences. Personality and Individual Differences; 28: 479-486.
Johnson, D. L. et. Al. (1999) Cerebral Blood Flow and Personality: A Positron Emission Tomography Study. American Journal of Psychiatry; 156: 252-257.
Gray, J. A. et. Al. (1970) The psychophysiological basis of introversion-extraversion. Behaviour Research and Therapy; 8(3): 249-266.
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