L’ansia è una reazione che ci prepara ad affrontare il pericolo. Quando percepiamo che siamo a rischio, si innesca una reazione automatica che ci prepara alla lotta o alla fuga. La paura è la prima cosa che proviamo di fronte a una minaccia e l’ansia appare subito dopo, quando entra in funzione il pensiero.
In queste situazioni, l’ansia non è negativa perché accelera i nostri pensieri per prepararci ad affrontare meglio ciò che potrebbe accadere. L’ansia, infatti, è proiettata proprio nel futuro. Ci spinge a valutare rapidamente tutte le possibili alternative per elaborare un piano di emergenza.
Il problema sorge quando l’ansia non ci abbandona. Quando reagiamo con apprensione ansiosa a tutto, così che il mondo finisce per diventare davanti ai nostri occhi un luogo ostile e pericoloso.
Cos’è esattamente l’apprensione ansiosa?
L’apprensione è uno dei segni più distintivi dell’ansia insieme alla preoccupazione patologica. La preoccupazione patologica implica fare previsioni catastrofiche su eventi che hanno una bassa probabilità di verificarsi, come immaginare che un meteorite possa colpirci. Questo tipo di pensiero sovrastima la probabilità del rischio, mantenendoci in uno stato di allerta permanente.
L’ansia peggiora quando passiamo da una paura all’altra, immaginando scenari sempre più catastrofici, il che porta alla meta-preoccupazione; cioè, siamo preoccupati di essere preoccupati. Allora cominciamo a pensare che le preoccupazioni siano incontrollabili e che possiamo impazzire.
L’apprensione ansiosa è simile. Lo psicologo David H. Barlow la descrive come uno “stato d’animo orientato al futuro in cui l’individuo si prepara ad affrontare eventi negativi che si avvicinano. Questo stato è associato ad elevati affetti negativi, eccitazione cronica eccessiva, sentimenti di imprevedibilità e incontrollabilità e attenzione focalizzata su segnali di minaccia o pericolo”.
Pertanto, l’apprensione ansiosa consiste nei sentimenti che accompagnano quella preoccupazione patologica. È la sensazione di camminare su un vetro che è sul punto di rompersi o la percezione che da un momento all’altro sta per succedere qualcosa di negativo. La cosa peggiore è che in molti casi si tratta di una sensazione diffusa che diventa una seconda pelle per le persone che soffrono di disturbi d’ansia, che finiscono per vedere il mondo attraverso quell’apprensione.
Come nel caso del pensiero catastrofico, un’altra caratteristica distintiva dell’apprensione ansiosa è la sua irrazionalità perché non si basa su un pericolo potenziale oggettivo ma piuttosto su una paura generalizzata.
Soffri di apprensione ansiosa o di eccitazione ansiosa?
Praticamente tutti noi abbiamo provato ansia ad un certo punto, di fronte ad un esame importante, un colloquio di lavoro o un cambiamento di vita. Tuttavia, l’ansia non si manifesta nello stesso modo, quindi è importante identificare quale schema seguiamo abitualmente.
Recentemente, i neuroscienziati dell’Università del Delaware hanno scoperto che i diversi modi in cui si manifesta l’ansia innescano diversi modelli di attivazione cerebrale. Pertanto, hanno scoperto che mentre l’eccitazione ansiosa implica uno stato di vigilanza e ansia fisica, l’apprensione ansiosa è più correlata alla preoccupazione per il futuro.
L’apprensione ansiosa è quindi una forma d’ansia più cognitiva, caratterizzata da preoccupazione persistente per il futuro, pensiero ruminativo catastrofico e maggiore concentrazione verso l’interno. Per questo motivo le persone apprensive tendono a preoccuparsi molto e mostrano una tendenza all’introspezione.
D’altra parte, l’eccitazione ansiosa è uno stato più fisico rivolto all’esterno caratterizzato da sintomi come difficoltà respiratorie, palpitazioni e uno stato di ipervigilanza. Coloro che soffrono di questa forma d’ansia scansionano costantemente il loro ambiente alla ricerca di minacce, anche quando si trovano in un luogo sicuro. Quelli che soffrono di apprensione ansiosa ruminano queste minacce nella loro mente.
La trappola che la tua stessa mente ti tende
I neuroscienziati dell’Università dell’Illinois hanno scoperto che alti livelli di apprensione ansiosa influenzano le nostre prestazioni. Con l’aumento dell’apprensione, l’ansia recluta più aree del cervello generando preoccupazione, che influisce sulla nostra attenzione e sul nostro pensiero, impedendoci di risolvere il problema in modo adattivo.
Ciò significa che l’ansia e l’apprensione ci immergono in un circolo vizioso. Più ci preoccupiamo, meno riusciamo a pensare in modo chiaro e più difficile sarà risolvere il problema. In questo modo, il problema rischia di aggravarsi, generando a sua volta ulteriore preoccupazione e apprensione.
La buona notizia è che il semplice fatto di essere consapevoli di questo circolo vizioso ci aiuta già a uscire dalle grinfie dell’apprensione.
Superare l’apprensione dovuta alla defusione cognitiva
Nella terapia dell’accettazione e del compromesso, l’ansia è concepita come un disturbo di evitamento esperienziale che insorge o si aggrava quando ci concentriamo sull’eliminazione di quell’apprensione invece di ciò che la causa. In pratica partiamo da un presupposto errato: vogliamo eliminare l’ansia, ignorandone la causa.
Il problema è che in questo modo rischiamo di evitare di fare tante cose, limitando la nostra vita a uno spazio sempre più piccolo, pur di evitare di provare ansia. Tuttavia, è stato dimostrato che questa risposta di evitamento non fa altro che rafforzare l’apprensione ansiosa perché conferma al nostro cervello che era giusto preoccuparsi.
Per liberarci dall’apprensione ansiosa dobbiamo comprendere che i pensieri possono generare la stessa reazione emotiva e fisiologica degli stimoli avversivi (come parlare in pubblico o trovarsi in mezzo alla folla). Senza rendercene conto, soffriamo della cosiddetta fusione dei pensieri, un problema comune nell’ansia che consiste nel dare per scontato che le idee catastrofiche che ci attraversano la mente siano reali.
I pensieri catastrofici producono sensazioni spiacevoli e, quando questi si automatizzano e diventano uno schema inconscio, percepiamo solo le sensazioni che innescano, che è proprio quella sensazione di apprensione diffusa. Ad esempio, quando pensiamo a qualcosa che temiamo, come trovarsi in un piccolo spazio chiuso, immaginiamo l’ansia che ci causerà. Se reagiamo a ciò che pensiamo, a quella terribile ansia che immaginiamo, e non a ciò che stiamo realmente vivendo nel presente, avviene una fusione cognitiva.
Occorre quindi effettuare un processo di “defusione” di quel pensiero, che implica classificarlo come semplice “pensiero” e non come realtà indiscutibile. Dobbiamo mettere in discussione questa apprensione perché non è una risposta a una realtà minacciosa ma a un modello di pensiero disfunzionale.
Le tecniche di defusione consistono nel sentire l’apprensione, ma nel bloccare l’impulso che genera per rompere l’automatismo. Per seguirlo dobbiamo individuare le reazioni automatiche che questa apprensione genera, esserne consapevoli e prendere atto della loro esistenza, ma senza reagire. Può aiutarci il cantare le nostre preoccupazioni o esprimerle ad alta voce con un tono divertito, perché in questo modo riduciamo il loro impatto emotivo e possiamo assumere una distanza psicologica dai nostri pensieri.
È difficile? Ovviamente. Abbiamo passato anni a fonderci con i nostri pensieri, quindi non è qualcosa che possiamo ottenere da un giorno all’altro. Ma con pazienza e perseveranza possiamo liberarci dall’apprensione ansiosa.
Riferimenti:
Burdwood, E. N. et. Al. (2016) Resting-State Functional Connectivity Differentiates Anxious Apprehension and Anxious Arousal. Psychophysiology; 53(10): 1451–1459.
Levin, R. et. Al. (2015) Depression and Anxious Apprehension Distinguish Frontocingulate Cortical Activity during Top-Down Attentional Control. J Abnorm Psychol; 120(2): 272–285.
Barlow, D. H. (2002) Anxiety and its disorders. Nueva York: Guilford Press.
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