Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a Parigi proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Si disse che era “un ideale comune per tutti i popoli e le nazioni”. E ciò resta: una chimera da cui il mondo si allontana sempre più.
È una chimera perché i diritti non si concedono, si conquistano e poi si difendono. I diritti per i quali le nostre nonne e le nostre madri hanno combattuto possono scomparire se le loro figlie e nipoti non sono disposte a difenderli e proseguire.
I diritti non esistono di per sé. Sono un’entelechia. Un semplice patto sociale che può essere violato in ogni momento, quando le forze che esercitano il potere lo ritengano pertinente. Pertanto, abbiamo solo il diritto di essere ciò che abbiamo il potere di essere. Non c’è miglior garante dei nostri diritti di noi stessi.
Un diritto perso da secoli
Il divorzio non è una conquista recente. Nell’antica Roma esisteva già la possibilità di sciogliere il matrimonio, anche per le donne. Infatti, il divorzio divenne più frequente alla fine della Repubblica, quando alle donne venne concesso il piendo diritto di divorziare dal marito, il che metteva entrambi i coniugi sullo stesso piano.
Nel diritto classico, la cessazione dell’affectio maritalis significava lo scioglimento del vincolo matrimoniale senza necessità di adempiere ad alcuna formalità aggiuntiva. Il divorzio era libero. Dal punto di vista legale e sociale non era necessaria alcuna causa.
Tuttavia, in seguito accadde qualcosa.
Sorse una discrepanza tra il diritto positivo e il diritto naturale cristiano, che portò a una modifica legislativa. Con l’arrivo del cristianesimo e del suo peso religioso, il divorzio fu in gran parte proibito, anche se non completamente, perché il matrimonio era considerato un sacramento istituito da Dio. Di conseguenza si è imposta l’indissolubilità del matrimonio, consentendo la separazione solo per gravissimi motivi.
Secoli dovettero passare perché il divorzio fosse di nuovo libero e che le donne potessero iniziare questa procedura. In Spagna, ad esempio, è stato inserito nella Costituzione del 1931 ma dopo la sua abrogazione nel 1939 e tutte le sentenze di divorzio dichiarate nulle su richiesta di una delle parti, questo diritto è stato ripreso solo nel 1981.
La storia del divorzio ci mostra che nessun diritto conquistato può essere dato per scontato. L’involuzione trova sempre una porta aperta. Queste porte aperte approfittano spesso della nostra indolenza, passività o persino paura.
Chi cede i propri diritti, deve essere disposto a perderli
In passato, qualsiasi diritto non concesso dal monarca era considerato un’usurpazione, mentre qualsiasi privilegio era un diritto. Oggi vale lo stesso, tranne che in alcuni paesi lo Stato o la società occupano il posto che un tempo apparteneva al monarca.
Come scriveva Max Stirner, “i parlamenti sono le chiese moderne in cui i diritti dell’uomo vengono santificati, mentre la maggior parte degli individui in carne e ossa vive completamente privata degli stessi”.
Generalmente “la società non si aspetta che i suoi membri si elevino al di sopra di essa, vuole che rimangano entro i limiti della legalità; cioè che non si concedano più di quello che gli permette la società e le sue leggi”, che non vadano oltre ai diritti che sono stati loro concessi e che non si arrabbino quando questi gli vengono tolti.
In questo modo, “per un diritto, l’individuo diventa schiavo della società. Ha un diritto solo quando glielo dà la società; cioè, quando e se vive secondo le sue leggi da uomo leale”.
Tuttavia, “che sia la natura che mi dà un diritto, che sia Dio, il suffragio popolare, ecc… quel diritto sarà sempre lo stesso: un diritto concesso da altri […] “Quel diritto non è altro che l’approvazione dell’altro”. Se tutti i nostri diritti provengono da una fonte esterna, dipendono anche dalla sua buona fede per mantenerli e farli valere.
Quando diamo per scontato che qualcun altro proteggerà i nostri diritti, corriamo il rischio che quei diritti scompaiano. Per questo Stirner suggeriva che nessuno si erga a custode di un diritto che appartiene a tutti, ma che sia ognuno di noi, individualmente, ad assicurarsi di far valere e difendere i propri diritti.
Come scrisse Stirner, “se permetti a un altro di darti la ragione, devi anche consentirgli di togliertela. Se accetti la sua approvazione e le ricompense, devi anche accettare i suoi rimproveri e le punizioni”. La difesa dei diritti non è qualcosa che corrisponde esclusivamente a uno Stato, un’organizzazione sovranazionale, un gruppo sociale o un’entità religiosa, è qualcosa che riguarda tutti noi. E dovremmo essere tutti disposti ad alzare la voce quando vengono violati o abrogati. Se guardiamo dall’altra parte, dobbiamo anche essere disposti a perderli. Forse per i prossimi secoli.
Fonti:
Hernández, S. et. Al. (2020) Divorcio en roma y su evolución hasta el momento actual. Tesis de Grado en Derecho: Universidad de La Laguna.
Stirner, M. (1976) El único y su propiedad. Pablos Editor: México.
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