“Più profondo e viscerale della sessualità, più recondito del desiderio di potere sociale e più profondo anche del desiderio di accumulare beni, è il desiderio diffuso e universale di sapere che stiamo andando nella direzione giusta e che ci guidano”, disse lo psicologo William Sheldon all’inizio del 20° secolo.
Indubbiamente, la necessità di essere accettati dagli altri è molto forte, al punto che molte persone arrivano quasi a cancellare la propria identità per sottomettersi alle tradizioni, alle credenze e alle opinioni degli altri. Tuttavia, senza raggiungere questi estremi, tutti sacrifichiamo una parte importante di noi stessi per adattarci alla società. A volte quel “sacrificio” è troppo grande e causa una profonda insoddisfazione e infelicità.
Il problema è che non siamo sempre in grado di individuare quali credenze detengono il nostro futuro. Pertanto, uno degli esercizi psicologici più importanti e benefici che possiamo fare è scoprire quali sono questi condizionamenti sociali e come liberarcene per condurre la vita che desideriamo realmente.
L’inoculazione di modi di pensare socialmente accettati
Appena nati, siamo costretti a imparare a navigare e ad orientarci in un mare di simboli che definiscono la realtà. Le figure autoritarie hanno il compito di guidarci in questo vasto universo di informazioni. In questo modo, è probabile che i nostri genitori ci abbiano trasmesso tradizioni sorpassate, la chiesa ci ha instillato ideologie dogmatiche e la scuola ci ha insegnato a memorizzare e ripetere le informazioni invece di metterle in discussione.
I pensieri che sono generati attraverso queste esperienze, che in Psicologia sono chiamate “condizionamenti sociali”, finiscono per determinare il nostro modo di vedere la realtà e il modo in cui reagiamo ad essa. Infatti, in molti casi il processo di “maturazione” e “sviluppo” non è altro che passare dalla espressione infantile autentica a ripetere frasi e modi di pensare trasmessi dalle figure autoritarie con cui ci relazioniamo.
Quando ripetiamo questi cliché, stiamo ricorrendo a generalizzazioni, il che significa che ci astraiamo dalla nostra unicità. In altre parole, ci nascondiamo dietro un’entità che chiamiamo “loro”. Assumendo come nostre le tradizioni, punti di vista, credenze e obiettivi degli altri, ci allontaniamo dalla nostra essenza. Il problema è che possiamo finire perseguendo sogni che non sono nostri e vivere una vita che non è quella che desideriamo. Pertanto, non è strano che l’insoddisfazione e l’infelicità diventino le costanti della nostra quotidianità.
Subcezione: Sentire che qualcosa è sbagliato, senza sapere esattamente cosa sia
Ordan Peterson, uno psicologo e professore dell’Università di Toronto, propone un esercizio basato nella “subcezione”, termine coniato dallo psicologo Carl Rogers per spiegare i meccanismi inconsci che attiviamo davanti ad una minaccia “subcedita”. In altre parole, si riferisce ad una discriminazione senza che esista una rappresentazione cosciente. È una sensazione di ansia diffusa, la sensazione che qualcosa non va senza sapere esattamente di cosa si tratta.
La subcezione, secondo Jordan Peterson, è una sorta di sesto senso che ci indica come reagire internamente ed è spesso usata come un meccanismo di difesa che ci porta a mettere in atto strategie a livello inconscio per evitare che uno stimolo inquietante entri nel campo della coscienza.
Ad esempio, una delle strategie più comuni che usiamo è dare la colpa agli altri per il nostro stato emotivo. Così evitiamo di assumere la responsabilità di quei sentimenti che, secondo la società, non dovremmo sperimentare.
In pratica, quando ci esponiamo a una minaccia, rispondiamo inconsciamente e non diciamo ciò che vogliamo veramente esprimere, ma ripetiamo semplicemente ciò che abbiamo sentito prima e che ci hanno trasmesso le figure autoritarie.
In questo modo soffochiamo la nostra unicità, un fenomeno che Nietzsche ha descritto perfettamente quando affermò che “le persone si nascondono dietro le abitudini e le opinioni per paura del loro vicino, che richiede loro conformità”. La buona notizia è che possiamo superare questa incongruità e riconnetterci con la nostra essenza.
Un esercizio per smontare le nostre idee e pensieri
Carl Rogers spiega che quando ci allontaniamo da questo atteggiamento difensivo e reagiamo in modo più costruttivo alla sensazione di subcezione, “sviluppiamo un’apertura crescente all’esperienza, senza distorcere il momento per adattarci alla personalità o al concetto di sé, ma consentendo che la personalità e il concetto di sé emanino dall’esperienza”.
Per raggiungere questo obiettivo, Jordan Peterson propone un esercizio d’introspezione e decostruzione molto interessante che ci aiuta a evitare che i fantasmi del passato ci ingannino, per evitare di conferire valore a vecchie convinzioni che non hanno voce in capitolo nel nostro presente.
È un esercizio per aprire la mente a ciò che sta accadendo ora, riconnetterci con le sensazioni corporee, assumere la nostra responsabilità per ciò che siamo e crediamo e riuscire ad esprimerci con maggiore libertà nei diversi ruoli sociali.
“Inizia assumendo che la maggior parte delle cose che dici e pensi non siano tue e che non ci credi; sono solo cose che hai raccolto per una ragione o per l’altra.
Immagina i tuoi pensieri come se fossero stati raccontati da qualcuno che hai appena incontrato, per staccarti da loro.
Smettila di ripetere ciecamente le opinioni degli altri.
Nota che questo non sei tu.
Quindi inizia ad ascoltare ciò che dici e, soprattutto, inizia a sentire ciò che dici.
E poi ricorda di seguire questa regola:
Presta attenzione se ciò che dici ti fa sentire più potente o più debole.
Se ti senti più forte, continua a ripeterlo.
E se ti fa sentire più debole e noti, ad esempio, una sensazione di disintegrazione o frammentazione nello stomaco, smetti di ripeterlo.
Ogni volta che senti una sensazione fisica di instabilità, fermati.
Quindi cerca le parole che non sono vere.
Cambia quelle parole in modo tale che quando riformuli i tuoi pensieri, il tuo senso di integrità, forza e autenticità riappaia.
Potrai sentirle a livello corporeo.
Dire qualcosa che non è vero ti lascia una sensazione di debolezza, perché ti dissoci; una parte di te è d’accordo e un’altra no, e questo frammenta la tua psiche.
Ad esempio, dicendo cose in cui non credi per impressionare qualcuno, o perché un certo ordine sociale ti accetti, crei una maschera dietro la quale nascondi ciò che senti veramente.
Devi evitare la menzogna quando rappresenta te stesso, altrimenti potresti finire impantanato in una serie infinita di bugie.
Ma se riesci a usare le parole giuste, puoi sentire come recuperi l’allineamento.
Quando esegui questo esercizio, subordini la tua capacità di parlare alla tua capacità di prestare attenzione.
In realtà, l’attenzione è una funzione cognitiva superiore rispetto all’intelletto, perché lo guida.
Pertanto, presta molta attenzione a ciò che dici.
Cerca di articolare le tue convinzioni il più attentamente possibile.
Quindi, accetta il risultato. Assumi la tua verità.
Per resistere alle devastazioni della vita, dovrai imparare a parlare dal profondo della tua anima.
Non c’è niente di meglio.”
Fonte:
Schirp, M. (2017) Jordan Peterson Explains the Most Useful Psychological Exercise Anyone Can Ever Do. In: High Existence.
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