
Attualmente la parola lobotomia si usa appena e, quando si ascolta, acquista un certo sapore umoristico e satirico; forse nel tentativo di spogliarla dell’aura nefasta che la circonda. Probabilmente esistono moltissime persone che almeno una volta nella vita hanno usato questo termine ma che non sanno neppure cosa significhi.
In primo luogo va detto che la lobotomia è un procedimento nel quale si distruggono in modo parziale o totale i lobi frontali del cervello. Si definisce così: lobotomia, l’estirpazione chirurgica dei lobi frontali.
Nel XX secolo la lobotomia veniva considerata un trattamento alternativo, efficace e legittimo per alcune malattie mentali, soprattutto quelle più gravi come la schizofrenia e la depressione acuta. Non mancarono neppure medici che utilizzarono la lobotomia anche per trattare il semplice mal di testa (emicrania) nelle sue fasi più acute.
Ad ogni modo, contrariamente a quanto si possa immaginare, la lobotomia non era un procedimento che terminò di praticarsi ai primi del 1900. Infatti, un articolo pubblicato nella rivista Wired, afferma che si continuò a praticare la lobotomia fino al 1980 negli USA, in Gran Bretagna, Scandinavia e in alcuni paesi dell’Europa orientale; sebbene ufficialmente viene riferito che questa si cessò di praticare negli anni ’50 con l’avvento della clorpromazina.
Gli albori della lobotomia
È risaputo che alcune culture antiche praticavano la lobotomia ma per quanto riguarda la medicina moderna, questo procedimento venne realizzato per la prima volta nel 1935. In quell’anno fu Antonio Egas Moniz, un neurologo portoghese, che realizzò il primo intervento chirurgico al cervello con l’obiettivo specifico di trattare la malattia mentale. Moniz denominò questa operazione “leucotomia” e per la stessa ricevette il Premio Nobel per la medicina nel 1949.
Tuttavia, l’idea che la malattia mentale potesse venire curata attraverso la chirurgia fu di un neurologo svizzero, Gottlieb Burckhardt, il quale operò sei pazienti schizofrenici e riportò un successo del 50%. Ad ogni modo, in seguito lo stesso neurologo criticò aspramente il suo
stesso metodo e smise di praticarlo.
La lobotomía negli Stati Uniti
Nel 1936. Walter Freeman, un medico statunitense, introdusse questo procedimento nel suo paese, realizzando una lobotomia prefrontale. Fu allora che venne ribattezzato il procedimento con il nome che sarebbe giunto ai nostri giorni: lobotomia.
Freeman era sicuro che la malattia mentale fosse causata da un eccesso di emozioni per cui la soluzione consisteva nell’interrompere determinate connessioni nervose nel cervello per eliminare l’eccesso di emozioni e stabilizzare così la personalità. Senza pensarci due volte, si dedicò anima e corpo all’intento di perfezionare la tecnica della lobotomia. Per non essere obbligato a perforare il cranio come fece Moniz, Freeman optò per il procedimento del “punteruolo”. A grosso modo, la sua tecnica consisteva nel praticare l’elettroshock ai pazienti per renderli incoscienti, quindi, penetrava nel cervello con l’aiuto di martello e punteruolo poco sopra i condotti lacrimali, fino a recidere le connessioni nervose tra il lobo frontale ed il resto del cervello. Questo procedimento, realizzato per la prima volta nel 1946, durava circa dieci minuti.
A partire da questa “scoperta”, Freeman percorse in lungo e in largo tutti gli Stati Uniti per offrire questa opportunità a tutte le persone che soffrivano di disturbi psichiatrici. Come si può immaginare, arrivò a trasformarsi in un personaggio molto famoso. Si stima che Freeman realizzò quasi 2.500 lobotomie, alcuni giorni poteva realizzarne ben 25 di seguito. Quando infine morì un paziente, in seguito ad una emorragia provocata dal procedimento, venne radiato dall’albo dei medici e gli fu proibito di continuare a praticare.
La parte più triste è che a quel tempo la lobotomia non era un procedimento applicato solo agli adulti, si conosce che uno dei pazienti più giovani aveva appena 12 anni. Si considera che negli Stati Uniti vennero realizzate più lobotomie che in tutto il resto del mondo, esattamente tra 40.000 e 50.000, la maggior parte delle quali tra il 1940 e il 1950.
Tuttavia, ultimamente vengono alla luce le cifre relative al numero di lobotomie realizzate anche in altri paesi. Per esempio, secondo uno studio realizzato nel 2000 in Svizzera, si è dimostrato che la maggioranza dei casi di lobotomia riguardava bambini che soffrivano di ritardo mentale e donne con disturbi psichiatrici. In questi casi lo scopo della lobotomia era quello di rendere i soggetti più docili.
Ad ogni modo, va detto che anche se oggi questo procedimento ci appare abbastanza atroce, a quel tempo divenne molto popolare dato che le persone non avevano a disposizione molte altre opportunità per lottare contro la malattia mentale.
Fonti:
Long, T. (2010, Noviembre) Nov. 12, 1935: You Should (Not) Have a Lobotomy. In: Wired.
Ogren, K.; Sjöström, S. & Bengtsson, N. O. (2000) The unknown history of lobotomy: women, children and idiots were lobotomized. Lakartidningen; 97(30-31): 3395-3398.
Ford, M. E. (1987) A history of lobotomy in the United States. Pharos Alpha Omega Alpha Honor Med Soc; 50(3): 7-11.
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