
In generale, il comportamento più sano è semplicemente il più autentico. Tuttavia, dal momento che siamo cresciuti in una società che soffoca l’autenticità, abbiamo anche imparato a reprimere le nostre emozioni e le reazioni più genuine, pensando che non siano positive e ce ne vergogniamo.
Ciò che non sappiamo è che spesso il nostro corpo e il nostro inconscio sanno esattamente di cosa abbiamo bisogno in ogni momento. Il problema è che di solito non gli prestiamo attenzione, così finiamo per considerare alcuni comportamenti ed emozioni come dannosi, negativi e inopportuni, quando in realtà potrebbero essere anche sani e positivi.
1. Esprimere la rabbia
La rabbia ha una connotazione negativa nella maggior parte delle culture e non è visto di buon occhio che una persona non sia in grado di sopprimere la sua rabbia. Tuttavia, la verità è che esprimere la rabbia ha un enorme potere catartico. Essere arrabbiati e poterlo esprimere è sano, perché ci aiuta a sbarazzarci di questa emozione.
La rabbia è semplicemente una reazione che si verifica quando qualcuno ci ha fatto del male o ha superato alcuni limiti. La rabbia si attiva per difenderci dall’aggressione. Tuttavia, si tratta solo di una reazione che può canalizzare positivamente l’energia. In effetti, uno studio condotto presso l’Università di Utrecht ha scoperto che quando le persone sono arrabbiate sono più determinate a raggiungere i propri obiettivi e si sforzano di più.
Naturalmente, non si tratta di trasformare la rabbia nella risposta comune ad ogni stimolo, perché, con il tempo si può convertire in una emozione dannosa che causa problemi a livello fisico e psicologico, ma è anche importante non reprimerla e usarla positivamente.
2. Sentirsi persi
Tutti, ad un certo punto della vita, ci siamo sentiti persi, abbiamo avuto la sensazione di non sapere dove stavamo andando. Forse abbiamo anche provato paura o sofferto d’ansia, perché nella nostra cultura è obbligatorio sapere sempre dove siamo diretti. Tuttavia, sentirsi persi, sia in senso letterale che psicologico, non è una brutta cosa.
Infatti, quando ci sentiamo persi siamo costretti a prestare maggiore attenzione e ascoltiamo il nostro istinto e le emozioni più profonde. Quando sappiamo dove stiamo andando è come se ci scollegassimo dalla realtà seguendo il cammino come per inerzia. Quando ci perdiamo, dobbiamo ristabilire il contatto con il mondo e porci delle domande. Queste domande possono portarci a fare delle scoperte sorprendenti che ci permettono di cambiare la nostra vita, permettendoci di raggiungere una maggiore soddisfazione.
Ricorda che a volte è necessario perdersi per ritrovarsi.
3. Piangere
Nella nostra cultura, piangere è un segno di debolezza, in particolare per gli uomini. Pertanto, la maggior parte di noi ha imparato a trattenere le lacrime. E abbiamo imparato a farlo così bene che non solo evitiamo di piangere in pubblico, ma anche in privato. Tuttavia, tutte le emozioni che vengono represse alla fine ci danneggiano, riaffiorando quando meno lo aspettiamo per farci perdere l’equilibrio.
Il pianto triste ha un potere liberatore, ci permette di scaricare parte del dolore che sentiamo e crea uno stato di calma. Infatti, uno studio curioso condotto presso l’Università di Tilburg, ha analizzato il pianto concludendo che solo quando piangiamo liberamente questo ha un potere liberatorio. Avviene perché inizialmente il pianto è un detonatore, aumenta la frequenza cardiaca. Se ci tratteniamo a questo punto, ci sentiremo peggio. Invece, se lasciamo che le lacrime scorrano liberamente, ci sentiremo meglio, perché nella seconda fase del pianto si verifica una riduzione della frequenza respiratoria, e questo ci fa sentire più tranquilli e migliora il nostro stato d’animo.
4. Non ascoltare
Saper ascoltare è una virtù, ed è essenziale nella nostra vita quotidiana. Tuttavia, non si tratta solo di ascoltare ma anche di sapere chi ascoltare. Così a volte, anche non ascoltare può essere una virtù. Quando una persona ci trasmette solo paura, insicurezza e sfiducia, è meglio che le sue parole non abbiano una risonanza nella nostra decisione. Ci sono dei momenti in cui è meglio seguire il nostro istinto e fare i nostri errori, prima di intraprendere una strada solo perché gli altri ci hanno fatto pressione.
Non ascoltare non significa chiudersi alle opinioni e consigli degli altri, ma sapere fino a che punto questi possono essere validi e costruttivi per voi. Non ascoltare significa non permettere che le parole offensive finiscano per danneggiare la vostra autostima. Non ascoltare significa anche essere prudenti, stabilire dei confini e non permettere che le tensioni sociali decidano per voi.
5. Non adattarsi
Non adattarsi ad un ambiente o un gruppo, non è solo scomodo, ma può anche essere doloroso. Infatti, uno studio particolarmente interessante condotto presso l’Università del Michigan, ha scoperto che il rifiuto sociale fa tanto male quanto il dolore fisico, perché condivide gli stessi circuiti neurali. Forse è per questo che gli scienziati hanno sempre elogiato la capacità delle persone di adattarsi ad ambienti diversi.
Tuttavia, il dolore è anche un potente incentivo al cambiamento, sentire che non apparteniamo a un ambiente o ad un gruppo ci impedisce di stabilirci in una zona di comfort e ci spinge a guardare oltre. Non adattarsi ad una situazione insoddisfacente, può essere positivo e ci aiuta a svilupparci, perché in questa ricerca non solo incontreremo il nostro vero “io”, ma diventeremo anche più forti. Ricordate che le persone di successo sono sempre state quelle che hanno avuto il coraggio di cambiare ciò che non gli piaceva, che non si sono allineati agli standard dell’epoca. Infatti, il mondo non sarebbe cambiato se persone come Martin Luther King o Nelson Mandela si fossero adeguate agli standard imposti dalla società.
Fonti:
Kross, E. et. Al. (2011) Social rejection shares somatosensory representations with physical pain. PNAS; 108(15): 6270–6275.
Aarts, H. eT. Al. (2010) The Art of Anger. Reward Context Turns Avoidance Responses to Anger-Related Objects Into Approach. Psychological Science; 21(10): 1406-1410.
Hendriks, M.C.; Rottenberg, J. & Vingerhoets, J.J. (2007) Can the distress-signal and arousal-reduction views of crying be reconciled? Evidence from the cardiovascular system. Emotion; 7: 458–463.
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