Il déjà vu è un esperienza molto più comune di quanto si possa immaginare. Si stima che approssimativamente 2/3 della popolazione mondiale abbia sperimentato il fenomeno del “già vissuto” almeno una volta durante la propria vita. Di questi, il 44% lo ha sperimentato più di una volta.
Per chi non sapesse a cosa si riferisce il déjà vu, ricordiamo che si tratta di quella sensazione di avere sperimentato precedentemente una situazione o avere già visitato un determinato luogo che in realtà dovrebbero risultare nuovi. Nel campo della psicopatologia il déjà vu viene considerato una paramnesia.
Un fenomeno, diverse spiegazioni
Le spiegazioni a questo fenomeno sono molteplici, alcune rientrano addirittura nel campo della parapsicologia. Una delle teorie principali considera che il déjà vu sia relazionato con una forma specifica di epilessia, che sarebbe quella che causa la disfunzione del sistema nervoso. Si pensa che si concentri nella corteccia para-ippocampale (associata alla capacità di valutare la familiarità con una determinata situazione).
Altre teorie comprendono il déjà vu come una momentanea disattivazione del sistema di recupero della memoria, così che il meccanismo che regola la familiarità si attiva anche quando non è direttamente relazionato.
Infine, una delle teorie più accettate si riferisce al fatto che il ricordo esiste realmente, ma a causa di un errore della memoria, questo non si incontra adeguatamente contestualizzato. In
pratica, la nostra memoria archivierebbe i ricordi utilizzando diverse etichette come la data, le persone che si trovavano nel luogo, i fatti, i sentimenti … e così si prosegue. Vi immaginate cosa accadrebbe se scambiassimo alcune di queste etichette? Il risultato sarebbe che ci confonderemmo e termineremmo richiamando alla mente un ricordo simile ma non identico.
Tuttavia, non siamo capaci di identificare queste differenze e per questo, percepiamo la situazione come già vissuta.
Una nuova linea di ricerca
Ad ogni modo, ora un nuovo studio realizzato da ricercatori della Repubblica Ceca e del Regno Unito, ha gettato nuova luce su questo problema, scoprendo una correlazione tra la paramnesia e alcune zone dell’encefalo.
Secondo questi ricercatori, le strutture encefaliche che si trovano nel cervello delle persone che sperimentano la paramnesia, sono minori rispetto a chi non la ha mai sperimentata. In pratica,
si tratta di strutture di dimensioni molto piccole situate nei lobi temporali medi dell’encefalo (la zona nella quale si generano i ricordi).
Ma i risultati non si fermano li. Le scoperte indicano addirittura che, mentre gli episodi di paramnesia che sperimentavano le persone erano più numerosi, sempre più piccole erano le
strutture encefaliche.
Durante lo studio sono state analizzate 113 persone sane le quali sono state sottoposte a diverse prove neurologiche, come ad esempio delle risonanze magnetiche. L’unica differenza stava nel fatto che la metà delle persone analizzate aveva mostrato episodi di paramnesia
mentre l’altra metà non ne aveva mai sperimentato.
I ricercatori affermano che probabilmente il déjà vu è dovuto ad un “errore di sistema” che sarebbe provocato da un alto livello di eccitabilità dell’ippocampo. Questa differenza nel livello di eccitabilità sarebbe determinata precisamente da queste strutture encefaliche. Riassumendo, l’esperienza del “già vissuto” non sarebbe allora un fenomeno paranormale ma piuttosto una
forma peculiare di neuro genesi cerebrale.
Fonte:
Brázdil. M. et. Al. (2012) Unveiling the mystery of déjà vu: The structural anatomy of déjà vu. Cortex; 48(9): 1240-1243.
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