Il ciclo dell’ansia ci immerge in un circolo vizioso dal quale è molto difficile uscire. E la cosa peggiore è che si manifesta in tempi relativamente brevi, tanto che quando ce ne rendiamo conto, l’ansia ha già chiuso il suo cerchio intorno a noi, trasformandoci nei suoi prigionieri. Per parafrasare Dorothy Rowe, l’ansia diventa una prigione di cui siamo sia prigionieri che carcerieri. Capire come si sviluppa questo circolo e conoscerne le diverse fasi è fondamentale per riuscire a spezzarlo o evitare di cadere nella sua spirale discendente.
Quali sono le fasi del ciclo dell’ansia?
Il circolo vizioso dell’ansia inizia solitamente con una situazione specifica o incerta che ha generato paura o apprensione e termina con la perdita di fiducia nelle nostre capacità, alimentata in gran parte dalle nostre preoccupazioni e pensieri catastrofici.
1. Paura
Alla base dell’ansia solitamente c’è un’emozione basilare: la paura. Non è sempre la paura di qualcosa di tangibile, come i ragni, la folla o gli spazi chiusi. A volte si tratta di una paura diffusa, che traduciamo come sensazione di apprensione, ma che in fondo non è altro che la paura che possa succedere qualcosa di brutto.
Per questo motivo, il ciclo dell’ansia inizia con una situazione (o un insieme di situazioni) che genera paura e un’altra serie di sintomi fastidiosi, come preoccupazione, ansia, angoscia, irrequietezza e sopraffazione. Quando questo stato emotivo si intensifica, possiamo manifestare sintomi fisici, come palpitazioni, sudorazione e vertigini.
2. Evitamento
A nessuno piace sentirsi nervoso e sopraffatto. È comprensibile e naturale. Per questo motivo, la seconda fase del ciclo dell’ansia è l’evitamento. E quanto più intensi saranno i sintomi e il disagio che proviamo, tanto più saremo motivati a evitarli.
Se soffriamo di claustrofobia, ad esempio, eviteremo gli spazi chiusi e se ci sentiamo ansiosi nel parlare in pubblico, cercheremo di evitare con tutti i mezzi questo tipo di situazioni. In questo modo iniziamo a strutturare la nostra vita e a prendere decisioni in base ai contesti che vogliamo evitare, con l’obiettivo di non sperimentare nuovamente quei sintomi spiacevoli.
3. Sollievo momentaneo
Ovviamente, evitare situazioni che inducono ansia ci dà un sollievo a breve termine. Alcune persone possono iniziare a ricorrere a rituali calmanti, come controllare se hanno chiuso la porta più volte o verificare mentalmente di non aver dimenticato nulla. Ma alla lunga questi rituali possono diventare ossessioni.
A questo punto siamo soliti mettere in atto i cosiddetti comportamenti di sicurezza, che non sono altro che azioni inutili volte a prevenire, minimizzare o fuggire da una situazione che percepiamo come angosciante. Possiamo provare a passare inosservati per evitare di dover parlare in pubblico, bere alcolici per sentirci più a nostro agio nel contesto sociale, o anche lasciare che siano gli altri a scegliere per noi per non subire l’ansia generata dalle decisioni. L’obiettivo di questo tipo di comportamento è sentirsi sicuri e produrre un sollievo quasi immediato dai sintomi dell’ansia, ma a lungo termine sono una strategia controproducente perché finiscono per rinforzarla.
4. Preoccuparsi
Le preoccupazioni sono il carburante che alimenta l’ansia. In questa fase iniziamo a sentirci stressati per il fatto di essere stressati. Cioè non solo temiamo lo stimolo fobico iniziale o la situazione che ha scatenato i sintomi, ma cominciamo a temere l’ansia stessa.
A questo punto non siamo più solo preoccupati per gli spazi chiusi o per la prospettiva di dover parlare in pubblico, ma iniziamo a mettere in discussione le nostre strategie e capacità di coping. Ci chiediamo: sarà efficace la prossima volta? Sarò in grado di controllarlo? Riuscirò a controllarmi? Questo ci fa cadere in una spirale di preoccupazioni e pensieri ruminanti che esacerbano l’ansia.
5. Perdita di fiducia
L’evitamento è il meccanismo più comune per affrontare l’ansia, ma a lungo termine genera più angoscia. Se proviamo a fuggire da situazioni che ci fanno sentire male, è probabile che quando dovremo affrontarle la prossima volta, avremo meno fiducia in noi stessi perché siamo diventati dipendenti da comportamenti di sicurezza. In quel momento ci sentiremo più sopraffatti, l’angoscia diventerà più incontrollabile e il ciclo dell’ansia intorno a noi si chiuderà.
Come interrompere il ciclo dell’ansia? 3 tecniche psicologiche
Questo circolo vizioso gioca un ruolo importante nel mantenere la tensione, l’angoscia e l’apprensione. La buona notizia è che puoi spezzare il ciclo dell’ansia creando un nuovo ciclo più positivo utilizzando le giuste tecniche psicologiche.
1. Desensibilizzazione sistematica
Sviluppata da Joseph Wolpe nel 1958, la tecnica di desensibilizzazione sistematica è ancora utilizzata per la sua efficacia, soprattutto per trattare le fobie, ma può essere applicata anche a tutte le situazioni che causano ansia.
Fondamentalmente, consiste nell’esporsi a situazioni che ci stressano e ci sopraffanno, in modo controllato, cercando di fare in modo che il nostro livello d’ansia non aumenti troppo, in modo da renderci conto che non rappresentano una vera minaccia. Avvicinandoti a queste situazioni, acquisirai fiducia in te stesso e nelle tue capacità di affrontarle. In questo modo interrompi il ciclo dell’ansia proprio all’inizio e non cadi nell’evitamento.
2. Ristrutturazione cognitiva
Se le preoccupazioni alimentano la tua ansia e apprensione, devi interrompere il ciclo dell’ansia proprio in quel momento. E per fare questo, non c’è niente di meglio che applicare la ristrutturazione cognitiva per l’ansia, una tecnica che consiste nell’individuare pensieri disadattivi e trasformarli in idee più realistiche che ti aiutano ad affrontare meglio la sfida che ti aspetta.
Annota tutti i pensieri che ti vengono in mente quando provi ansia. Quindi chiediti: è un pensiero realistico? Mi sto basando su fatti o sentimenti? Ci sono prove a sostegno di questa idea? Potresti scoprire che è l’ansia a parlare. Pertanto, il passo successivo è cercare un pensiero alternativo. Ad esempio, se l’idea ti rende ansioso: “Diventerò così nervoso che non saprò cosa dire ”, potresti pensare: “Mi sono preparato bene, se avrò difficoltà, potrò farcela comunque.”
3. Consapevolezza
La terapia mindfluness per l’ansia si è dimostrata efficace in ambito clinico. La cosa interessante di questo approccio è che si concentra sulla carica emotiva dei pensieri, piuttosto che sul loro contenuto. Non devi mettere in discussione le tue idee, ma solo comprendere gli stati emotivi che generano.
L’idea è che impari a scendere a patti con le tue emozioni, inclusa l’ansia, ma senza cercare di rifiutarle, giudicarle o controllarle. È un cambiamento radicale nel modo in cui reagisci all’ansia che ti permetterà di smettere di vederla come un tuo nemico. Ed è proprio nel momento in cui la “svuoti” del suo significato spaventoso, che smetti di temerla e non hai più bisogno di sfuggirgli.
Riferimenti:
Curtiss, J. E. et. Al. (2021) Cognitive-Behavioral Treatments for Anxiety and Stress-Related Disorders. Focus (Am Psychiatr Publ); 19(2): 184–189.
Rajiah, K. et. Al. (2014) The Effectiveness of Psychoeducation and Systematic Desensitization to Reduce Test Anxiety Among First-year Pharmacy Students. Am J Pharm Educ; 78(9): 163.
Hoge, E. A. et. Al. (2013) Randomized Controlled Trial of Mindfulness Meditation for Generalized Anxiety Disorder: Effects on Anxiety and Stress Reactivity. J Clin Psychiatry; 74(8): 786–792.
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