Dicono che chi aiuta dovrebbe avere la memoria breve, ma chi riceve invece, dovrebbe avere la memoria lunga. Aiutare, dare e facilitare sono verbi che hanno a che fare con la gratitudine. Non c’è dubbio che aiutare è un atto che fa sentire bene, ma è altrettanto vero che essere ringraziati per lo sforzo fatto, l’attenzione o il tempo dedicati è altrettanto confortante. Perché a forza di aiutare, senza ricevere nulla in cambio, anche il cuore va in esaurimento.
Ma alcune persone non condividono questa prospettiva. Sono persone che potremmo definire ingrate perché non riconoscono o non apprezzano ciò che gli altri fanno per loro. Queste persone non solo non apprezzano l’aiuto ricevuto, ma chiedono sempre ulteriori favori. E il giorno in cui smettiamo di aiutarle, perché abbiamo il leggero sospetto che ci stiano usando/manipolando, ci dicono che siamo poco empatici, facendoci sentire in colpa per non aiutarle di nuovo. Cosa si nasconde dietro il comportamento delle persone ingrate?
La gratitudine non è solo un sentimento, è anche un’abilità e un modo di vedere il mondo
Per molto tempo si è pensato che la gratitudine fosse solo un sentimento che proviamo quando siamo oggetto di azioni benefiche da parte di altri. Se qualcuno ci dà una mano quando ne abbiamo più bisogno, ci fa un regalo o ci dedica parte del suo tempo, dovrebbe attivarsi automaticamente un sentimento di gratitudine.
Tuttavia, la gratitudine non è solo un’emozione, ha anche una componente cognitiva. Per sentirci grati dobbiamo prima essere in grado di apprezzare. Apprezzare il gesto ricevuto, apprezzarne gli effetti positivi e apprezzare lo sforzo o l’intenzione dell’altro. E l’apprezzamento è un’abilità che le persone ingrate non hanno sviluppato.
Infatti, gli psicologi del Hope College nel Michigan credono che le persone ingrate semplicemente non abbiano la capacità di sentirsi riconoscenti. Affermano che la gratitudine “è un’esperienza di abbondanza, di consapevolezza che uno è il destinatario di un buon regalo da parte del donante”, il che implica apprezzare l’atto in se stesso. Spiegano inoltre che “la gratitudine riguarda donanti, doni, destinatari e gli atteggiamenti dei donanti e dei destinatari tra loro. È un’emozione profondamente sociale.”
Gli psicologi dell’Università di Manchester hanno fatto un ulteriore passo in avanti suggerendo che la gratitudine non è solo un’abilità, ma è vissuta a livello disposizionale. Affermano che è un atteggiamento verso la vita che implica essere in grado di notare e apprezzare il positivo che esiste nel mondo. Pertanto, le persone ingrate sarebbero programmate per vedere i favori, l’aiuto e/o i regali come se non fossero abbastanza buoni o alla loro all’altezza, quindi non possono provare gratitudine.
Tutto ciò indica che probabilmente l’ingratitudine si sviluppa durante i primi anni di vita. Se i genitori non insegnano ai figli a valorizzare e apprezzare ciò che gli altri fanno per loro, è probabile che alla fine i bambini sviluppino quella che si conosce come Sindrome dell’Imperatore. Di conseguenza, quella visione egocentrica del mondo li seguirà nell’età adulta e presumeranno che gli altri siano tenuti a soddisfare i loro bisogni e desideri. Questo modo di comprendere il mondo impedirà loro di provare gratitudine.
I 5 rischi che devono affrontare le persone ingrate
L’ingratitude non è una buona compagna di viaggio. È vero che chi offre aiuto può sentirsi deluso se non percepisce gratitudine nell’altro, ma chi non prova gratitudine sta peggio.
1. Infelicità cronica. “L’infelicità è una malattia contagiosa causata da una carenza cronica di gratitudine”, scrisse Mokokoma Mokhonoana e la scienza lo conferma: la capacità di provare gratitudine è stata collegata ad alti livelli di felicità. In effetti, lo studio condotto presso l’Hope College dimostra che la gratitudine è un eccellente indicatore del livello di felicità, benessere e soddisfazione nella vita.
L’ingratitudine, al contrario, ci condannerebbe all’infelicità cronica. Dal momento che la gratitudine non si prova solo verso le persone che ci offrono aiuto, ma anche nella vita, le persone ingrate sarebbero condannate all’insoddisfazione perenne. Non potendo apprezzare la vita come un dono straordinario, è più probabile che si sentano permanentemente insoddisfatte.
2. Legate al trauma. Non esiste strumento migliore della gratitudine per affrontare situazioni avverse e traumi psicologici. Diversi studi hanno dimostrato che possiamo sentirci grati in condizioni diverse, anche in quelle più difficili. In effetti, le persone che si riprendono più rapidamente da un trauma sono quelle che imparano a concentrarsi sulle cose positive della vita, sentendosi riconoscenti, invece di concentrarsi su ciò che hanno perso o non hanno.
La rivalorazione centrata sui benefici implica un approccio più positivo che attiva emozioni benefiche e provoca reazioni neurofisiologiche positive. La gratitudine ci aiuta a disconnetterci dalle emozioni tossiche e dai pensieri ruminanti, permettendoci di concentrarci sul positivo. O come disse Sonja Lyubomirsky “la gratitudine è un antidoto alle emozioni negative, un neutralizzatore di invidia, ostilità, preoccupazione e irritazione”.
3. Più problemi psicologici. A lungo termine, l’ingratitudine genera uno stato psicologico insano caratterizzato da cicli di aspettative non realistiche e frustrazione in cui la persona non è in grado di apprezzare in modo equo il vissuto positivo.
Ecco perché non è strano che uno studio condotto presso la Virginia Commonwealth University riveli che le persone ingrate hanno un rischio maggiore di soffrire di disturbi psicologici come depressione maggiore, disturbo d’ansia generalizzato, diversi tipi di fobie, bulimia nervosa, nonché di cadere nella dipendenza da nicotina, alcool o droghe.
4. Condannati alla disperazione. Uno dei maggiori pericoli che le persone ingrate devono affrontare è che la loro vita diventi una profezia che si autoavvera. L’ingratitudine fa sì che gli altri smettano di essere gentili con loro, così le persone ingrate finiscono intrappolate nella trappola che hanno costruito loro stesse. Quando smettono di ricevere aiuto, pensano che il mondo sia un luogo ostile dove non c’è bontà, senza rendersi conto che sono stati i loro atteggiamenti ad allontanarle dagli altri, lasciandole sole.
Un’indagine condotta presso l’Università di Manchester ha dimostrato che le persone ingrate sono più dipendenti e meno autonome di quelle che provano gratitudine, il che significa che hanno un profondo bisogno degli altri. Queste persone hanno anche difficoltà ad accettare se stesse e spesso non hanno un proposito nella vita.
5. Salute peggiore. L’ingratitudine non solo condanna la persona all’amarezza, ma può anche influire sulla sua salute fisica. È stato dimostrato che la gratitudine riduce il livello di stress, ansia e preoccupazioni, quindi non è strano che uno studio condotto presso l’Università del Michigan abbia scoperto che le persone ingrate hanno livelli più elevati di stress e un numero maggiore di sintomi fisici
La gratitudine migliora anche notevolmente la qualità del sonno. Non solo ci permette di addormentarci più velocemente, ma assicura un sonno più profondo e riposante. Perché? La gratitudine inibisce i pensieri negativi automatici che ci impediscono di addormentarci quando appoggiamo la testa sul cuscino.
La buona notizia è che la gratitudine si può sviluppare. Una persona ingrata non è condannata ad esserlo per sempre. Il segreto è molto semplice: non dare nulla per scontato. Inizia a pensare alla tua vita come ad un dono meraviglioso. Dopotutto, come disse il romanziere Thornton Wilder, “possiamo solo dire che siamo vivi in quei momenti in cui i nostri cuori sono consapevoli dei nostri tesori”.
Fonti:
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