
Noi esseri umani abbiamo la tendenza a sopravalutarci e autoingannarci. Nella Psicologia Sociale l’effetto dell’eccesso di fiducia ci anticipa che molte volte la fiducia nel nostro potenziale va oltre il nostro potere e la realtà, e di parecchio.
Altre volte cerchiamo spiegazioni false o razionali per spiegare i nostri comportamenti e le nostre decisioni. Nella psicologia questo si conosce come la “Illusione dell’Introspezione”, un nome dato al processo mediante il quale creiamo una giustificazione per le nostre decisioni quando realmente non sappiamo perché le abbiamo prese.
Una delle prime approssimazioni a questo concetto venne realizzata da psicologi dell’Univeristà del Michigan, Richard Nisbett e Timothy D. Wilson nel 1977, i quali partendo da una serie di esperimenti
ipotizzarono che, quando non possiamo accedere al processo mentale che ci conduce a una determinata decisione, inventiamo una spiegazione che possa offrire un qualsiasi senso alla stessa.
ipotizzarono che, quando non possiamo accedere al processo mentale che ci conduce a una determinata decisione, inventiamo una spiegazione che possa offrire un qualsiasi senso alla stessa.
Nell’esperimento in questione i ricercatori consegnavano alcuni paia di calze ad un gruppo di donne e chiedevano loro che scegliessero quelle che più gli piacevano. Una volta realizzata la scelta, le donne spiegavano i dettagli che le avevano portate a scegliere, facendo riferimento ad aspetti come: la consistenza, il colore, l’aspetto…ma, l’esperimento nascondeva un trucco: tutte le calze che erano state loro consegnate erano identiche.
Ma l’Illusione dell’Introspezione fu ancora più chiara in un esperimento pù recente sviluppato dai ricercatori Johansson e Hall. In questa occasione i ricercatori mostravano alle persone due foto di persone del sesso opposto perché scegliessero quella che risultava loro più attraente. In seguito, ogni persona doveva giustificare la propria decisione. La parte curiosa era che i ricercatori, grazie ad un trucco di prestidigitazione, sostituivano l’immagine che era stata scelta e infine mostravano loro la foto
che non era stata selezionata.
che non era stata selezionata.
Sorprendentemente, il 70% delle persone non si rese conto dell’inganno e, evidentemente, inventava motivi vari a causa dei quali aveva scelto quel viso. E se questo non bastasse, i ricercatori chiedevano alle persone se fossero in grado di rilevare un movimento con il quale qualcuno avrebbe potuto sostituire l’immagine. L’84% delle persone ingannate affermò di sì.
Questo fenomeno venne denominato dagli studiosi come: “Cecità alla scelta” (sappiamo già che gli psicologi hanno una strana compulsione per chiamare le stesse cose con nomi diversi) e, come si può
immaginare, è stato oggetto di ulteriori esperimenti che lo confermano.
immaginare, è stato oggetto di ulteriori esperimenti che lo confermano.
Riassumendo, molte volte siamo vittime dei nostri stessi pregiudizi o credenze errate. Pensiamo che abbiamo la necessaria conoscenza di noi stessi quando invece stiamo prendendo delle decisioni azzardate ma non desideriamo (o non siamo capaci) di riconoscerlo. Così, normalmente ci lasciamo tentare dall’illusione di essere migliori rispetto alla media (il pregiudizio del punto cieco) o crediamo che i nostri valori e le forme di pensare siano diffusi e condivisi da un numero enorme di persone rispetto a quanto non sia in realtà (effetto del falso consenso).
Trucchi che ci gioca la mente o…forse…trucchi che facciamo a noi stessi per evitare di affrontare il
fatto che in realtà abbiamo una capacità di controllo molto limitata sul nostro ambiente.
fatto che in realtà abbiamo una capacità di controllo molto limitata sul nostro ambiente.
Fonti:
Johansson, P. et. Al. (2005)
Failure to detect mismatches between intention and outcome in a simple decision
task. Science; 310(5745): 116 – 119.
Failure to detect mismatches between intention and outcome in a simple decision
task. Science; 310(5745): 116 – 119.
Nisbett, R. E. & Wilson,
T. D. (1977)Telling more than we can know. Psychological
Review; 84(3): 231-259.
T. D. (1977)Telling more than we can know. Psychological
Review; 84(3): 231-259.
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