L’italiano è una lingua ricca, include molte parole per indicare lo stesso oggetto o evento. Pertanto, la scelta di una parola non è sempre dovuta al caso. Questo è un argomento che affascina da decenni gli psicologi. In realtà, è noto che le persone che usano spesso la frase “io penso” tendono a privilegiare la logica delle emozioni, utilizzando il “mi sento” invece, si preferisce piuttosto vedere il mondo attraverso ciò che sperimentiamo emotivamente e quelle persone che preferiscono l’espressione “io credo” tendono ad essere più rispettose delle opinioni altrui.
Tuttavia, questa volta farò riferimento all’uso dei pronomi personali. Una recente ricerca condotta dal celebre psicologo Johannes Zimmermann, indica che la scelta di alcuni pronomi piuttosto che altri è un indicatore di alcuni problemi d’umore e nelle relazioni interpersonali.
Zimmermann e i suoi colleghi hanno analizzato 180 sedute di psicoterapia e hanno controllato i pronomi utilizzati dai pazienti durante la conversazione. Questo primo studio, di natura puramente esplorativa, ha rivelato che quando la gente parlava di alcune questioni, in particolare la più tristi, tendeva ad usare il pronome della prima persona singolare (io). Da questa scoperta, i ricercatori hanno ipotizzato che esiste una relazione tra i pronomi che usiamo e gli stati d’animo.
Per confermare questa ipotesi, hanno reclutato 118 persone, delle quali 99 avevano già frequentato la terapia. Tutti sono stati sottoposti ad una intervista con l’obiettivo di diagnosticare eventuali disturbi dell’umore come la depressione. Durante l’intervista è stato valutato l’impiego dei pronomi.
Così è stato osservato che le persone che mostravano di soffrire maggiormente di depressione erano quelle che utilizzavano più frequentemente il pronome “io” piuttosto che pronomi plurali come “noi”.
Per la maggior parte degli psicologi che fanno terapia è come scoprire l’acqua calda. In effetti, l’uso frequente del pronome “io” nella persona depressa è normale per due ragioni:
1. Perché di solito si rinchiude in se stesso e ha poche esperienze da raccontare oltre alla sua depressione.
2. Perché data la perdita di entusiasmo per la vita, l’unica cosa che conta veramente e che gli interessa è la sua depressione.
È come se si trattasse di una persona rinchiusa in una caverna (la depressione appunto). Ovviamente, utilizzerà prevalentemente il pronome personale perché le sue esperienze si limitano a lui stesso.
Tuttavia, la cosa interessante non è tanto la spiegazione ma piuttosto la questione sollevata da questo studio: cambiare l’uso dei pronomi potrebbe in qualche modo mitigare la solitudine e la disperazione vissute da una persona depressa? È possibile che con i pronomi “tu” e “noi”, la persona depressa riesca ad aprirsi al mondo?
Personalmente, ritengo che pensare un poco di più alle parole che usiamo è sempre positivo. Ovviamente, un semplice cambiamento di pronomi non è sufficiente ad eliminare la depressione, ma è un’altra piccola strategia che può aiutare a combatterla.
Se desideri approfondire il tema, imparare a riconoscere e come curare la depressione questo libro ti aiuterà sicuramente.
Fonte:
Zimmermann, J. et. Al. (2013) The way we refer to ourselves reflects how we relate to others: Associations between first-person pronoun use and interpersonal problems.Journal of Research in Personality; 47(3): 218-225.
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