Nei paesi occidentali siamo abituati a pensare che gli scatti d’ira e un atteggiamento troppo duro siano inappropriati, ma in determinati contesti come per esempio durante una trattativa d’affari, possono avere effetti positivi. Ma dal momento che quasi nulla in psicologia è bianco o nero, una curiosa ricerca ci dimostra che le nostre convinzioni non hanno un valore universale.
Anche se le espressioni d’ira e la durezza possono rappresentare una strategia efficace durante una trattativa, a volte questo atteggiamento viene interpretato come una forma per ottenere che le persone facciano delle concessioni. Hajo Adam di INSEAD e i suoi collaboratori, hanno studiato gli effetti che l’ira avrebbe sulle persone di cultura asiatica. Infatti, questi ricercatori sono sicuri che le espressioni d’ira durante una trattativa d’affari in un contesto sociale orientale, potrebbe provocare il risultato opposto (le persone non si sentirebbero intimidite e darebbero per terminata la trattativa) dato che questo tipo di comportamento viene considerato culturalmente inappropriato.
Il primo esperimento, ha coinvolto in una ipotetica trattativa 63 persone i cui antenati erano di provenienza europea e 67 persone i cui antenati erano di provenienza asiatica. I partecipanti dovettero leggere una trascrizione nella quale veniva narrata una trattativa tra un uomo d’affari e un cliente. Ogni partecipante doveva immaginare che lui stesso fosse l’uomo d’affari. La metà dei volontari lesse una versione nella quale, giunti ad un certo punto, il cliente parlava con un tono aspro e come fosse arrabbiato. A questo punto i volontari dovevano dire se erano d’accordo nell’aggiungere la garanzia al contratto oppure no. Risultato?
L’effetto dell’ira fu opposto su entrambi i gruppi culturali: gli studenti con una mentalità occidentale avevano la tendenza a fare concessioni quando il cliente si arrabbiava mentre i volontari di mentalità orientale si mostravano meno propensi a fare concessioni se il cliente mostrava la sua ira.
Per aumentare il realismo, si realizzò un secondo studio nel quale vennero coinvolti 67 studenti con antenati europei e 88 con antenati asiatici, i quali presero parte ad un gioco per computer nel quale loro interpretavano la parte del venditore di telefoni cellulari. Anche se realmente ogni volontario giocava con il computer, venne loro fatto credere che stavano giocando contro una persona reale.
In alcuni momenti il computer lasciava intravedere le intenzioni dell’avversario, solo che in un sottogruppo queste intenzioni avevano un carattere neutro mentre nell’altro sottogruppo le espressioni erano accompagnate da rabbia e ira. I risultati furono identici, si manifestarono le stesse differenze di comportamento tra i diversi gruppi culturali.
L’ultima replica dell’esperimento è stata forse la più curiosa, dato che alla metà dei partecipanti venne suggerito a priori che la persona con la quale avrebbero giocato si sarebbe mostrata un poco furiosa ma che questo era assolutamente permesso nel gioco. All’altra metà, al contrario, venne detto che le espressioni d’ira erano poco comuni e inaccettabili. Dando queste informazioni in forma di priming, le differenze culturali scomparirono.
I volontari ai quali fu detto che l’ira era “permessa”, furono più accondiscendenti mentre quelli a cui fu detto che le espressioni d’ira non erano permesse furono intransigenti con i loro avversari.
I ricercatori affermano che questi risultati sono importanti per comprendere come le differenze culturali incidono nel contesto degli affari in fase di trattativa, e senza dubbio faranno molto discutere nelle aule dove si seguono i Master in Business Administration, ma oltre a queste applicazioni di certo questo studio fa sorgere una domanda: la nostra società occidentale è così abituata all’ira e alla rabbia che soliamo cedere di fronte a queste e le assumiamo come comportamenti “normali” e “accettabili”?
Fonte:
Adam, H.; Shirako, A. & Maddux, W.W. (2010) Cultural variance in the interpersonal effects of anger in negotiations.Psychological Science; 21 (6): 882-889.
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