Sapevi che una persona su tre nel mondo avrà bisogno di neuroriabilitazione ad un certo punto della sua vita? Non è strano se si tiene conto del fatto che ogni anno 15 milioni di persone subiscono un ictus, di cui 5 milioni soffriranno di qualche tipo di disabilità, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Fortunatamente, il cambiamento di paradigma che si è verificato nelle cure neurologiche negli ultimi decenni ci ha aiutato a capire che gli effetti della lesione cerebrale non sono sempre permanenti. Ora conosciamo il potenziale rigenerativo del cervello, così come la sua capacità di riorganizzare le sue dinamiche, in questo modo la neuroriabilitazione può aiutare molte persone a riprendersi la loro vita.
Plasticità cerebrale, la chiave per recuperare le funzioni perdute
Alcuni esperti spiegano che quando una persona soffre di una patologia neurologica, tutto cambia. I ruoli familiari si modificano, le routine si alterano e le dinamiche familiari vanno ristrutturate.
A seguito di lesioni o malattie cerebrali, si verificano cambiamenti biochimici, anatomici e fisiologici che si traducono in un cervello diverso. Quel “nuovo” cervello in genere ha perso alcune delle connessioni neurali che rendevano possibili determinati comportamenti, come parlare, scrivere, camminare o persino ricordare ciò che abbiamo fatto ieri.
La neuroriabilitazione è responsabile della riqualificazione del cervello per ristabilire le connessioni, in modo da poter recuperare capacità e abilità perdute. Ciò è possibile grazie alla neuroplasticità, che è appunto la capacità del cervello di adattare il proprio funzionamento in risposta agli stimoli, sia attraverso cambiamenti strutturali che funzionali.
La neuroplasticità di cui si avvale la neuroriabilitazione è la stessa che sta alla base dell’apprendimento e comporta la creazione di nuove reti neurali. Gli stessi segnali neurali che promuovono l’apprendimento in un cervello intatto vengono attivati durante il processo di riapprendimento nel cervello danneggiato.
Ciò significa che il cervello non è un organo statico ma molto più dinamico di quanto si pensasse e cambia con le esperienze. Processi come la generazione di nuovi neuroni, la migrazione delle cellule nervose e la formazione di nuove connessioni neuronali sono alla base della plasticità cerebrale. Questo processo di apprendimento e riapprendimento è ciò che permette la riabilitazione.
Infatti, i neuroscienziati della Charité Universitätsmedizin hanno scoperto che è possibile ricablare il cervello attraverso un allenamento intenso e una riabilitazione precoce. Hanno scoperto che la neuroriabilitazione intensiva potrebbe ripristinare il funzionamento e le connessioni delle regioni danneggiate dell’emisfero sinistro per facilitare il linguaggio nelle persone che hanno sofferto di afasia dopo una lesione cerebrale.
Anche i ricercatori della Johns Hopkins University hanno scoperto che se la corteccia motoria, la parte del cervello che regola i movimenti intenzionali coordinati, viene distrutta, la corteccia premotoria mediale potrebbe prendere il sopravvento se la persona esegue esercizi di riabilitazione che includono quei compiti motori coordinati.
Questi neuroscienziati hanno anche constatato l’esistenza di una finestra di opportunità, che sarebbe un periodo ideale per iniziare la neuroriabilitazione, in genere pochi giorni dopo aver subito un danno cerebrale.
Le finestre di opportunità, approfittare del periodo di maggiore sensibilità del cervello
L’obiettivo di qualsiasi programma di neuroriabilitazione è ripristinare la salute, l’indipendenza e la funzionalità della persona. Ovviamente, il successo della riabilitazione dipende da molti fattori, come l’entità del danno, la plasticità neurale dei circuiti residui e la velocità con cui inizia il processo di recupero.
Uno studio condotto presso l’Università del South Australia ha trovato prove conclusive che esiste una finestra di opportunità che consente al cervello di “ripararsi” più facilmente dopo aver subito un ictus. Questi neuroscienziati hanno visto che durante i primi giorni dopo un ictus, e fino a due settimane dopo, il cervello ha una maggiore capacità di modificare le sue connessioni neurali e la sua plasticità aumenta.
Tutto sembra indicare che questa finestra di opportunità non è esclusiva degli ictus. Un’altro studio condotto presso l’Università di Aarhus ha scoperto che questo periodo delicato esiste anche nelle prime fasi della sclerosi multipla. Ciò significa che la neuroriabilitazione non dovrebbe essere utilizzata esclusivamente come trattamento sintomatico, ma ha un grande potenziale per proteggere dalla neurodegenerazione e modificare positivamente il decorso della malattia.
Le “finestre di opportunità” sono intervalli di tempo specifici che consentono di massimizzare i benefici dell’apprendimento perché il cervello è particolarmente sensibile a questi compiti. Pertanto, iniziare la neuroriabilitazione il prima possibile aumenta le possibilità di successo.
Tuttavia, ciò non significa che la neuroriabilitazione non sarà efficace anche in seguito. Il cervello può essere ricablato anche alcuni mesi dopo, addirittura anni, anche se costa un po’ di più.
Il segreto risiede nella personalizzazione del programma di neuroriabilitazione. È necessario creare una patient journey map (mappa del percorso del paziente) per ogni paziente e la sua famiglia, in modo che il piano d’intervento sia adattato ai bisogni specifici di ogni persona, per aiutarla a proiettarsi nel futuro in tutti i sensi, che include anche affrontare le difficoltà emotive e i cambiamenti comportamentali che spesso accompagnano la disfunzione cerebrale.
In generale, la neuroriabilitazione non ha solo lo scopo di migliorare l’autonomia delle persone nelle loro attività quotidiane, aiutandole a recuperare le loro capacità fisiche, cognitive ed emotive dopo una lesione neurologica, ma è anche usata per prevenire possibili complicazioni che possono causare un ulteriore deterioramento di tali funzioni. Pertanto, di solito porta a un miglioramento della qualità della vita che vale sempre la pena.
Fonti:
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