“Un uomo non può stare tranquillo senza la sua stessa approvazione”, scrisse Mark Twain. E questo ci dice che tutti abbiamo un critico interiore che può essere più o meno duro, implacabile o persino crudele. In alcune occasioni quella voce può assumere il comando, diventando un monologo costante e assordante che mette a tacere la ragione.
Quel critico ci dirà che non siamo abbastanza intelligenti o talentuosi, che non siamo abbastanza attraenti, socievoli, magri, di successo… Ci ricorderà continuamente ogni errore o fallimento del passato – per quanto remoto, piccolo o insignificante possa essere – schiacciando senza pietà la nostra autostima ed eliminando ogni traccia di motivazione.
Se non limitiamo quell’io critico ma lo lasciamo libero, non diventerà solo sgradevole, ma potrebbe arrivare a limitarci o addirittura danneggiarci. Potremmo trasformarci nel nostro peggior nemico e il nostro più grande ostacolo.
Il tuo critico interiore non sei tu
Il nostro critico interiore è uno dei diversi “io” che coesistono nella nostra personalità. Secondo la “Teoria degli Io”, la nostra personalità è composta da diversi “io” che assumono il controllo secondo la necessità, per proteggerci dal pericolo, garantirci la sopravvivenza e renderci meno vulnerabili.
Ma questi io non ci proteggono sempre – o almeno non nel modo migliore. A volte possono mostrare un impulso autodistruttivo, come nel caso di un io critico fuori controllo e non critico con se stesso. Se lasciamo che il nostro critico interiore domini sugli altri io che costituiscono la nostra personalità, prima o poi finiremo per avere un problema.
In altre parole, se siamo molto più critici che gentili con noi stessi, se passiamo più tempo a punirci per i nostri errori che a rallegrarci dei risultati, cadremo facilmente in un circolo vizioso di pensieri negativi che a loro volta genereranno malessere interiore, e questo può farci sviluppare dei comportamenti limitanti o dannosi per noi stessi.
L’io critico non viene dal nulla, inizia a svilupparsi nella nostra infanzia. Infatti, se prestiamo attenzione al suo dialogo, saremo probabilmente stupiti di scoprire che alcune delle frasi del suo discorso e che usiamo per criticarci non ci appartengono nemmeno, sono un promemoria di quelle che ci dicevano i nostri genitori o altre figure autoritarie.
Ciò significa che se i nostri genitori erano molto autoritari, perfezionisti ed esigenti, è probabile che il nostro io critico sia uno degli io predominanti nella nostra personalità, quindi non possiamo nemmeno fare un passo senza essere assaliti dal suo discorso critico.
Come equilibrare il critico interiore?
Una autocritica eccessiva non è utile. Gli psicologi dell’Università del Missouri scoprirono, dopo aver analizzato più di 800 adolescenti e giovani per un periodo di sei mesi, che quelli che erano soliti lamentarsi e criticarsi spesso si esponevano a un rischio maggiore di soffrire di depressione o ansia.
La critica in sé non è negativa, ma quando è costante ed eccessiva diventa limitante, al punto da paralizzare o ridurre in polvere la nostra autostima, quindi non è strano che finiamo per soffrire un’enorme ansia a causa della paura del fallimento o una grave depressione generata dal sentimento di inutilità.
Sfortunatamente, mettere a tacere il critico interiore non è così semplice, specialmente quando è uno degli io dominanti della nostra personalità. Possiamo discutere con quella voce alla ricerca di controargomenti, usare affermazioni positive o persino fare come se non esistesse, ma nessuna di queste strategie di solito funziona. Al contrario, hanno spesso l’effetto opposto: rafforzano il critico interiore e gli danno più potere.
Il segreto per cambiare è togliere potere al nostro io critico. Un trucco semplice, pratico e molto efficace per farlo è dargli un nome. Quando associamo un nome a quella voce, automaticamente gli togliamo autorità e importanza.
Dargli un nome proprio, che differenzi il nostro io critico da noi stessi, ci permetterà anche di assumere la necessaria distanza psicologica, che ci aiuterà a valutare il suo discorso con maggiore obiettività. Non dobbiamo dimenticare che a causa della pigrizia selettiva, il 60% delle volte saremmo disposti a respingere i nostri stessi argomenti quando sono esposti da qualcun altro.
Ciò significa che siamo propensi ad essere più critici con le idee degli altri che con le nostre. Dare un nome al nostro io critico ci consentirà di essere critici nei confronti delle sue idee.
Naturalmente, l’obiettivo finale non è quello di sbarazzarsi dell’io critico perché un po’ di autocritica è sempre necessaria. Non può diventare uno dei nostri io ripudiati. L’obiettivo finale è garantire che questo critico interiore sia in equilibrio con gli altri io più gentili e motivanti, così da aiutarci a crescere come persone, invece di condannarci all’insoddisfazione permanente con noi stessi.
Fonti:
Rose, A. J. et. Al. (2007) Prospective associations of co-rumination with friendship and emotional adjustment: considering the socioemotional trade-offs of co-rumination. Developmental Psychology; 43(4):1019-1031.
Trouche, E. et. Al. (2015) The Selective Laziness of Reasoning. Cognitive Science; 1-15.
Smith, C. (2015) 3 Ways to Outsmart Your Inner Critic. In: Psychology Today.
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